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In un blog la creatività non basta

Da Marcofre

la creatività in un blog

 

Ora ti faccio una domanda semplice semplice: che ne pensi della creatività?

Tutto il bene possibile, ne sono certo. Io non amo affatto questo concetto, in realtà. Come diceva lo scrittore Giuseppe Pontiggia, ha il difetto di spostare l’attenzione dall’opera all’autore.

Meglio (diceva Pontiggia), usare il termine invenzione. Ma l’argomento di questo post è la creatività e il tuo blog; quindi passiamo oltre.

Perché tu hai un blog, vero? Non devo ripetere per l’ennesima volta quanto sia bello, utile, fondamentale che uno scrittore emergente instauri un dialogo coi propri lettori, è esatto?

Tu per scrivere post lasci spazio alla creatività: questa musa che arriva (spesso grazie a un post letto su un altro blog; a una notizia; a un tweet), e che riempie il tuo blog di ottimi contenuti. Perché io probabilmente ho visto il tuo blog, ed è proprio bello. Ti devo fare i complimenti, magari dovevo scriverlo nei commenti, o inviarti una mail. Hai un sacco di post che sono interessanti, scritti bene, e via discorrendo.

Ora devo dirti la verità, e non so come farlo.

La creatività in un blog non basta. Non è di essa che hai bisogno per piazzare il tuo prodotto, caro scrittore emergente. Adesso che l’ho scritto mi sento meglio, tu probabilmente, no.

Occorre una spiegazione, e per farlo userò questo blog, così sono certo di non ferire nessuno.

Questo blog ha diversi problemi; quello che però è preoccupante per un editore di se stesso come io cerco di essere, è che le persone lo apprezzano.

Tu dirai:

“E ti sembra un problema?”.

Eccome.

Chiariamo un punto: essere apprezzati è un’ottima cosa, ci mancherebbe altro. Ma quello che mi ha spinto a cambiare la programmazione dei post, è stato anche l’intenzione di osservare meglio quello che faccio.
Di interrogarmi sui miei obiettivi.

Qual è l’obiettivo di un editore di se stesso? Vendere.

Si capisce che sono qui per vendere? Aspetta un attimo che vado a verificare le vendite del mio ebook di racconti…

Come immaginavo: no, non si capisce affatto.

Chi arriva su questo blog apprezza i contenuti, ma non si rende conto che qui c’è un prodotto da piazzare.

Certo: occorre pazienza. Esatto: qui arrivano persone, mica carte di credito. Conosco questi argomenti, e ne parlo abbastanza, mi pare. È fondamentale costruire una relazione coi propri lettori. Fare le cose con calma.
Niente furberie.

Eccetera eccetera.

Quando però compi il primo passo (decidi di essere editore di te stesso), per forza devi indicare i tuoi obiettivi. Il tuo (e il mio) è: vendere. Mi spiace, ma non c’è spazio (quasi) per altro. Brutale? Triste? A queste riflessioni rispondo sempre alla stessa maniera. Mentre ti indigni perché magari sono troppo “materialista”, ti ricordo che buona parte dei libri che vendono hanno zero qualità. Certo, puoi restare alla finestra e continuare a indignarti. Oppure tentare (e magari dimostrare) che è possibile vendere bene anche piazzando roba di discreta qualità.

I miei racconti potrebbero stare tra i primi 50 della classifica di Amazon. Non è presunzione, ma consapevolezza che nonostante i miei limiti, hanno delle qualità. Perché non ci sono? Perché non ho costruito alcuna strategia. Me ne sono infischiato e adesso sono qui che ti spiego il mio fallimento.

Torniamo però all’argomento del post.
Il bello di un obiettivo del genere (vale a dire: vendere!), è che ti impone un vincolo piuttosto stretto, e ogni volta che, grazie alla creatività, ti viene un’idea, cosa accade? Accade che come un lampo, arriva l’obiettivo, ti batte la manina sulla spalla, e ti dice:

Cui prodest? Serve davvero a ME?”.

E cancelli quel post.

Ottimo!

Sia chiaro: quel post eliminato era interessante, bello: ma distante dal tuo obiettivo. Se vuoi riempire il tuo blog di ottimi contenuti, d’accordo. Però non lamentarti se non vedi l’ombra di un risultato.

Che poi si possa derogare, e parlare di Carver o Tolstoj, è ovvio e nemmeno devo dirlo. Lo faccio spesso.

Un editore di se stesso deve scovare i suoi lettori. È un compito difficile, complesso, dove non esistono regole che puoi copiare e infine replicare; perché ciascuna opera è unica, come sei unico tu.


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