L’Italia non è una democrazia. Non lo è da sempre, ma negli ultimi venti anni lo è ancor meno, perché chi non ha il cervello ottenebrato dalla cultura marxista-leninista, sa bene che democrazia significa governo del popolo. In Italia però no. In Italia democrazia significa governo dei poteri forti e sinistra. Significa regime. Significa oppressione della libertà di pensarla diversamente dai sinistri e dai loro amici dell’alta finanza e della speculazione. Significa in altre parole omologarsi alla cultura di no-global, ex post comunisti, democristiani amici dei comunisti, socialisti voltagabbana, intellettuali radical chic e sindacalisti d’antan.
Ma noi non siamo fessi, e capiamo bene qual è il gioco che si sta giocando in questi ultimi tempi. La posta è alta: ci sono i milioni di euro, ci sono gli investimenti, e ci sono gli interessi diffusi di speculatori, investitori e altri grandi capitalisti che non vogliono perdere i loro quattrini e premono affinché questo Governo cada, perché possano andare a Palazzo Chigi coloro i quali danno maggiori garanzie sulla tutela dei loro interessi e dei loro capitali.
Ecco dunque che la democrazia elettorale va letteralmente affanculo, e viene sostituita dalla «democrazia» di banche e finanza: la democrazia della sinistra amica di industriali, speculatori, banchieri e quant’altro col cordone ombelicale direttamente collegato al borsellino di Pantaleo. Le scelte degli elettori passano conseguentemente in secondo piano, e come in una tradizionale recita di fine anno, viene riproposto il solito «governo tecnico» che salverebbe capra e cavoli, dove però la spunterebbero soprattutto i cavoli dei poteri forti, lasciando alle capre – il popolo – le briciole e la parvenza di democratica salvezza della patria incarnata dei supremi valori della sinistra ideologica.
Del resto, l’insidia della sinistra, il suo grande imbroglio culturale e politico (che perpetra ai nostri danni da decenni) sta proprio in questo: nel far credere alla gente che non c’è salvezza se non nelle sue mortali braccia. E di fatto, questo potrebbe essere quasi vero, se si pensa al fango che emerge e che viene schizzato contro il Premier e il centrodestra un giorno sì e l’altro pure. Non a caso, lungi dall’avere un’autentica capacità di criticare politicamente questo Governo e le sue decisioni politiche, essa usa le uniche argomentazioni che conosce e che sono il più autentico tratto della sua cultura comunista: la demonizzazione dell’avversario, attraverso la sua sistematica demolizione giudiziaria, etica e morale. Perché sporcarsi le mani con le idee politiche e le proposte, quando un paio di manette, un atto giudiziario, un’intercettazione telefonica risolvono il problema con maggiore efficacia?
Guardiamo un po’ i fatti. Berlusconi si scopre vittima di un ipotetico ricatto da parte di Tarantini su un presunto giro di escort. Berlusconi in questo caso non è l’indagato-imputato, ma è (o sarebbe) la vittima. Eppure, ciononostante, pur essendo la vittima, egli si ritrova a essere l’imputato mediatico. Il colpevole. L’immorale Premier che non è degno di sedere a Palazzo Chigi. Mentre moralmente ed eticamente sono sempre degni Bersani e compagni cantanti, nonostante – questo sì scandaloso – l’affare Penati. Affare di cui però l’informazione orientata parla poco e niente: sia mai che si faccia sapere con troppa dovizia di particolari che anche a sinistra ci sono corrotti, corruttori e corruttibili. E non certo per due soldi, ma per milioni di euro.
Ma dicevo del fatto che Berlusconi è o sarebbe la parte lesa di un mostruoso ricatto. Ebbene, ciononostante, lo sputtanamento mediatico è identico. Perché? Perché quando si mette in moto la macchina del fango, quella vera, quella autentica di sinistra, il ruolo della «vittima» non ha grande rilievo. Non è il mezzo che conta: è il fine. E il fine è demolire Berlusconi. E se questo risultato può essere ottenuto, facendolo passare per parte lesa di un reato, tanto meglio. Così ecco che spuntano le intercettazioni sulla linea telefonica dei presunti ricattatori, che guarda caso coinvolgono il Premier. Ma fin qui tutto bene: è normale, se non fosse che le intercettazioni poi puntualmente sono state pubblicate sui giornali del fango con la solita grancassa. Intercettazioni che riguardando un capo di governo dovrebbero peraltro ottenere l’autorizzazione del parlamento. In questo caso, però, l’inghippo legale è stato aggirato intercettando non le utenze del Premier, ma quelle degli indagati. Come si suol dire: fatta la legge, trovato l’inganno.
Questa è la democrazia italiana, fatta di Governi del ribaltone, Governi tecnici, Governi di sinistra salvapatria (che però salvano sempre e solo i soliti noti), Governi giudiziari, delle manette, Governi del fango, Governi che in un modo o nell’altro non hanno alcun rapporto con la volontà popolare, ma che si attribuiscono il merito di liberarci dai «fascisti» berlusconiani, in un’eterna resistenza, in cui il mito del comunista partigiano non muore mai… Intanto, però, muore il popolo italiano…
di Martino © 2011 Il Jester