Due parole due sulla notte degli Oscar, già per altro previste in questo post (non perché io sia un figo, ma perché l'esito di quest'anno era particolarmente scontato). La vittoria a mani basse del Discorso del re è non solo la dimostrazione che quelli dell'Academy notoriamente non capiscono un tubo di cinema, ma soprattutto capiscono solo il cinema che hanno in testa, quello predisposto per premi come questo, acquietato e borghese, per signore e per spettatori con un'idea blanda di opera d'arte, popolare e lussuosa. Intendiamoci, non c'è nulla di male nel film di Tom Hooper, ma ce n'è nella regia su commissione di costui, nel fatto che abbia vinto contro Nolan e i Coen, e pure contro gente non proprio perfetta come Fincher, Aronofsky o O'Russell, ma sicuramente interessante e imprevedibile. Intendiomoci ancora, del premio Oscar importa ormai poco, ma premiare Il discorso del re significa chiudere la porta a quella costante opera di revisione che il cinema americano compie su stesso e che dalla fine del periodo classico rappresenta la sua vera grandezza: non solo in Inception o in Il grinta, ma pure nel Cigno nero, che è un film pieno di difetti e ingenuità, in The Fighter, che è un'opera potente per quanto assolutoria, e soprattutto in The Social Network, che è il film più attuale e urgente di tutti quelli candidati a un premio. Il discorso del re è cinema d'alta qualità che mette tutti d'accordo: proprio per questo motivo non dovrebbe avere bisogno di un Oscar. E proprio per questo ne ha vinti almeno quattro immeritati.
PS: e poi, vabbe', uno va a vedere chi ha vinto per il miglior film straniero e allora capisce che quelli lì non ne capiscono proprio un cazzo. Anzi, ne capiscono pure troppo: ma solo di quello che interessa loro. Per quale ragione, dunque, quello che fanno dovrebbe interessare anche a chi ha a cuore le sorti del cinema contemporaneo?
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