“Fare film è ancora una mission impossible, come ai tempi di Psycho”.
Non era facile firmare un film su uno delle figure più note e leggendarie della storia del cinema. Non era facile, soprattutto, firmare una commedia sofisticata che puntasse tutto sull’umanità, l’ironia, la vita di coppia di quello che per antonomasia è definito il maestro del brivido: Alfred Hitchcock. Sacha Gervasi, documentarista esperto, ci è riuscito. E in particolare si è voluto concentrare sull’aspetto femminile dell’avventura esistenziale del celebre cineasta: “Molti non vogliono vedere il fatto che Hitchcock, oltre ad essere un genio, aveva un team geniale: su tutti, sua moglie Alma. C’era qualcuno nella notte che ascoltava le sue ca**ate, insomma”.
Perchè enfatizzare la figura della moglie, magistralmente interpretata da Helen Mirren?
Mi piaceva raccontare l’unica donna che lo ascoltava, gli teneva testa, insisteva per inserire in Psycho la musica nella scena della doccia, mentre lui voleva ci fosse solo rumore dell’acqua e grida, per esempio. A molti non è piaciuta questa mia scelta, perchè non vogliono accettare la figura di Alma: preferiscono pensare a Hitchcock come un maestro solitario, quando in realtà non lo era affatto.
Cos’altro non era?
Un tipo serioso. Era noto per il suo senso di umorismo, per questo il tono del film è ironico e abbiamo lavorato molto con Anthony Hopkins su questo.
Un documentarista come lei che fa un film di finzione su Psycho, è curioso.
Per me era importante sperimentare altri campi, e infatti questo non è un documentario, ma un film di intrattenimento che mi piace paragonare, per certi versi, ad Argo: un film di finzione basato su una storia vera. In pratica prendi una storia, la drammatizzi, e poi viene fuori il film. E non ti resta che girare.
Cosa provò quando vide Psycho per la prima volta?
Avevo 15 anni ed ero molto disturbato, ricordo che per dieci anni non riuscii più a rivederlo. Mi aveva terrorizzato. Mentre della vicenda non capivo perchè non volessero fargli girare Psycho: ho ammirato la sua follia, il suo coraggio, Hitchcock ha rischiato tantissimo, ci ha messo tutti i suoi soldi. Mentre ad Hollywood pensavano fosse un b-movie, roba trash, lui ebbe la geniale idea di prendere qualcosa di sottocultura ed elevarlo. Un genio.
Dal suo film, in effetti, Hitchcock ne esce come un outsider.
Per me lo è stato. Era uno che combatteva il sistema e quello spirito di dire “Al diavolo tutti” è lo stesso che ho provato a restituire con il mio film. Voleva sempre sentirsi giovane e vivo, e mi affascinava la figura di un artista deciso ad andare contro tutti.
Oggi Hollywood è ancora così spietata?
Sì, fare film è ancora una missione impossibile. A Hollywood vogliono solo super blockbuster con robot e gente dello spazio, devi fare grandi sforzi. Poi spesso prendono le menti più creative e originali e le mettono nel sistema: al Sundance Film Festival pescano bravi registi e gli dicono di girare un bel film con Clooney, magari. Bisogna resistere al sistema e alle tentazioni del denaro: se nn vuoi fare parte della grande macchina è davvero dura.
di Claudia Catalli