Rocco Schiavone, è sarcastico, irriverente, saccente ed anche violento questo per completare il profilo del vice-questore romano, nato e cresciuto a Trastevere, amante della bella vita, “mandato in esilio” ad Aosta (lui che tra l’altro prova una totale avversione
Antonio Manzini
per la montagna…), nato dalla penna di Antonio Manzini, novello protagonista del thriller italiano pronto a sostituire nel cuore dei lettori e, particolarmente delle lettrici, i vari Luigi Alfredo Ricciardi, Guido Guerrieri, Gigi Bertè, per citarne qualcuno tra i più famosi.
Il rude Schiavone si è fatto spazio, non con molta fatica, con “Pista nera”, il terzo romanzo di Antonio Manzini, a metà tra giallo e la commedia all’italiana.
Manzini, autore ed attore (è stato allievo di Camilleri all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica) e stato sceneggiatore, anche lui come Rocco Schiavone è romano, e come me è della mitica classe ‘64, che sforna sempre persone di un certo livello e creativo e
Le raccolte di racconti della Sellerio
culturale
ha già pubblicato “Sangue marcio” (Fazi) e “La giostra dei criceti“ (Einaudi Stile Libero) e tre racconti (“Sei il mio tesoro” e “Giochiamo?” a quattro mani con Niccolò Ammaniti e “L’accattone” per l’antologia “Capodanno in giallo” pubblicata sempre da Sellerio nel 2012, e Regalo di Natale del 2013, Carnevale in giallo è invece del 2014La costola di Adamo, è l’ultimo lavoro che vede protagonista sempre lui, Rocco Schiavone, alle prese questa volta con un oscuro suicidio, che non convince il vice questore aggiunto con una successione di coincidenze e divergenze, così come l’ambiguità di tanti personaggi, che trasformano a poco a poco il quadro di una rapina in
La Costola di Adamo
una nebbia di misteri umani, ambientali, criminali.
Ovviamente, non aggiungo altro, poichè Antonio Manzini, c’e’ il sito della sua casa editrice la Sellerio dove potrete reperire ogni tipo di informazione sulla sua produzione letteraria e le presentazioni dei suoi libri che lo portano in giro per l’intero stivale, e sarà anche qui a Sorrento dagli amici della Libreria Tasso ma è anche su wikipedia, per cui vi rimando…in quei posti…:-)
Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Antonio: – Per il mio lavoro non saprei. Conta e molto per la mia salute. Cerco di evitare, ove possibile, gli zuccheri e le farine raffinate, i lieviti e di mangiare molte verdure.
Angie: – Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirata/o a qualcosa di gastronomico?
Antonio: – Ho dovuto documentarmi quando ho scritto Benvenuti a tavola, una fiction per mediaset dove si parlava della lotta fra due cuochi.
Giorgio Tirabassi e Fabrizio Bentivoglio protagonisti di Benvenuti a Tavola
E’ stato molto istruttivo parlare con grandi chef e nutrizionisti. Nei libri semmai cerco di documentarmi assaggiando piatti e ricette dei luoghi dove ambiento i racconti. Anche quelli fanno parte della geografia dei luoghi. A volte anzi sono essenziali.
cibo spazzatura
Angie: – Cosa significa per te mangiar bene
Antonio: – Mangiare sano. Essenzialmente mi sono sempre fatto una domanda: perché spendere migliaia di euro per qualcosa che indossiamo e risparmiare su quello che mettiamo dentro il corpo? Non sono un salutista, fumo e bevo, però cerco di evitare il più possibile i cibi “spazzatura” e carichi di grassi.
Ecco, questo è mangiar bene. Se la gola a volte mi fa cedere accade pochissime volte, anche perché quando mi lascio andare il corpo mi fa capire che sono cose che non devo fare più.
Angie: – Le tue esperienze lavorative?
Antonio: – Ho studiato all’accademia nazionale d’arte drammatica a Roma e per 20 anni ho fatto l’attore, prima in teatro poi in televisione e ogni tanto al cinema. Ma ho sempre scritto. Da qualche anno ormai faccio solo quello. Ho cominciato con le sceneggiature televisive e coi romanzi, e da allora non ho smesso più.
Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Antonio: – C’è un agriturismo vicino casa mia, abito in campagna fra Roma e Viterbo, dove ogni tanto vado a mangiare. Però se devo dire un posto che amo ma che frequento poco è il ristorante ai piani, a Roma.
Angie: – Ti piace invitare amici a cena o a pranzo, o sei più spesso invitato??
Antonio: – A volte. Raro. Odio cucinare, non ho molta pazienza. Se accade cerco di fare le cose più semplici e che non impegnino troppo. E a dirla tutta se vado a casa di qualcuno è per la compagnia, non certo per il cibo. Anzi, sedersi a tavola e mangiare può diventare per me una parentesi della serata abbastanza noiosa.
No carboidrati
Angie: – Sei mai stata/o a dieta?
Antonio: – Secondo me ci sto da sempre. Per esempio ho appena inaugurato le due settimane “no carboidrati”.
Angie: – Meglio carne o pesce?
Antonio: – Non mangio i mammiferi.
Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti?
Antonio: – Una tavoletta di cioccolato fondente con un bicchiere di rum accanto.Angie: – Se fossi un ingrediente?
Antonio: – Lo zafferano.
Angie: – un frutto
Antonio: – Non ho dubbi. Al contrario del dolce sarei una zuccherosissima pesca.
Angie: – Vino, ed in quale ti identifichi caratterialmente??
Antonio: – Per rispondere a questa domanda si dovrebbe essere un enologo. Io amo il vino, ma non sono un intenditore. Mi piacciono i vini rossi. Forse il refosco friulano, ecco sì, credo che sia il vino che preferisco.
Angie: – Un liquore
Rum Zacapa
Antonio: – Il rum, senza dubbi. Zacapa invecchiato almeno 12 anni.
Angie: – Il tuo punto debole
Antonio: – Sono i dolci. Resisto, resisto, resisto…
Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Antonio: – Il latte di soia, l’acqua minerale leggermente frizzante e una bottiglia di bianco. Sicuramente ci sono sempre le uova. Ma non chiedermi perché, non le mangio ma mi ostino a comprarle.
Angie: – L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Antonio: – Cucino qualcosa di rapido perché mi annoia molto. Di solito faccio il pollo con vari aromi e lo mischio al riso nero o basmati.
pollo con riso nero
L’aspetto che più mi attira è la faccia di mia moglie se il piatto è buono. E sicuramente quando mi lavo le mani perché ho finito.
Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Antonio: – Posso “sgarrare” poco. Quando lo devo fare allora un mont blanc oppure tonnarelli cacio e pepe. Uno dei pochipiatti che sofare decentemente.
Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Antonio: – Tranquillo. Basta che non ci siano troppi dolci. Perché mi innervosisco e vorrei mangiarli tutti. Ma come ho già detto, resisto, resisto e resisto.
Angie: – La colazione ideale e quella che invece normalmente fai
Antonio: – La colazione ideale è latte di soia macchiato col caffè, pane azzimo con la marmellata non zuccherata di arance, una mela e un bicchiere di spremuta di arancio. E’ quella che faccio.
Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
cioccolata
Antonio: – Dolce e cioccolata. In generale mi hanno sempre fatto schifo le interiora. Ma da quando non mangio più i mammiferi, rischio solo o fegatelli di pollo. Ma l’orrore già nominarli mi chiude lo stomaco.
Angie: – Che ne pensi dei prodotti surgelati, che dimezzano il tempo in cucina?
Antonio: – Pessimi ma ahimè utili. Cerco di non usarli mai. Però di buone intenzioni è lastricato… sappiamo cosa.
Angie: – La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito ed uno che non ti piace proprio?
Antonio: – Il curry. Mi fa letteralmente impazzire. Il coriandolo l’esatto contrario. Mi da il voltastomaco.
Angie: – Limone o aceto?
Antonio: – Limone tutta la vita.
Angie: – Non puoi vivere senza…
Antonio: – Il cioccolato fondente.
Angie: – un tuo menù ideale?
Antonio: – Pasta alle vongole, spigola al sale e mont blanc.
Angie: – Dici parolacce?
Antonio: – Troppe.
Angie: – La parola che dici piu’ spesso?
Antonio: – Perché
Angie: – Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Antonio: – Esiste, esiste sicuramente. Ma non è il mio forte. Quando ci provai con mia
Antonio Manzini in compagnia della moglie
moglie decantai la mia bravura nel fare la carbonara. E così a casa sua preparai questo piatto di bucatini. Una roba immangiabile. Però è mia moglie da 14 anni. No, di solito per sedurre una donna la faccio ridere. Vado molto meglio.
Angie: – Una “fantasia erotico gastronomica”?
Antonio: – No comment
Angie: – Hai mai conquistato qualcuno cucinando??
Antonio: – Appunto, no. Anzi, la stavo perdendo.
Angie: – Hai mai utilizzato l’ambiente cucina per (scrivere) e lavorare?
Antonio: – No. Mai. Neanche da piccolo per studiare. E’ dispersivo, disordinato, non si può stare accanto a un frigo e concentrarsi su Hegel o su un racconto.
Angie: – La verve letteraria, lo stimolo per incominciare a raccontare, avviene a pancia piena o a digiuno?
Antonio: – Lo sai che non ci ho mai pensato? Credo a pancia piena. Ma nonnecesariamente di cibo. Bastano anche tre tè.
Angie: – Preferisci di più il dolce o il salato quando sei preso dal tuo lavoro?
Antonio: – Bevo tè e caffè decaffeinato. Non riesco a mangiare. Meglio, non ci penso proprio. Quando mi viene fame sento una specie di campanello e smetto di lavorare. E’ come se suonasse la ricreazione.
Angie: – Hai qualche episodio legato al cibo da raccontare? O una cosa carina e particolare che ti è successa?
Antonio: – Una volta io e un mio amico scrittore abbiamo fatto mangiare a un noto critico
wasabi
vegetariano un pezzo di wasabi dicendo che era un purè vegetale (il critico è un noto vegetariano), lui l’ha ingollato buttandolo giù come fosse un’aspirina. Gli scendevano le lacrime ma per non darci soddisfazione ha detto: Niente male. Posso averne ancora? Ovviamente si era sincerato che a tavola non ce ne fosse più.
Angie: – Vai spesso a pranzo/cena fuori, se si’ che tipo di locale prediligi?
Antonio: – A pranzo se tocca stare fuori è perché sto lavorando e allora cerco sempre un posto veloce che faccia non solo orridi panini. Nonho dei locali preferiti, di sicuro non sopporto quelli hi tech o i locali che spacciano per cucina le destrutturazioni. Lasciamole fare a chi ne ha fatto una filosofia, mi rifersico al Bulli, Adrian per capirci. Gli altri cucinassero le cose come vanno cucinate.
Angie: – Che fai dopo cena?
Antonio: – Parlo. Mi piace tantissimo stare con le persone a parlare. Per questo vorrei che la cena durasse mezz’ora e passerei il resto della serata su un divano. Purtroppo a Roma i ristoranti non sono attrezzati. Ma a Londra per esempio è pieno di locali dove, una volta terminata la cena, ti vai a sedere sul divano a bere e puoi chiacchierare fino alle tre. A tavola la mia resistenza non va oltre l’ora.
Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Antonio: – Lo stato delle cose, di Richard Ford.
Angie: – Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Antonio: – No, non ce l’ho.
Angie: – Hobby?
Antonio: – Neanche.
Angie: – Se fossi un personaggio mitologico chi saresti?
Ulisse
Antonio: – Mi piacerebbe essere Ulisse. Ma penso che al massimo sono uno dei suoi marinai.
Angie: – Qual è il sogno più grande?
Antonio: – Vivere la mia vita in un borgo con accanto i miei migliori amici. Lontani dalla città, quasi un’enclave chiusa e impenetrabile.
Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Antonio: – Tagliati i capelli.
Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoco/a?
Antonio: – Dipende sempre chi è la persona. Basta che non fa della cucina l’unico scopo della sua vita. Ma questo vale per qualsiasi altro mestiere. Non mi piacciono le manie compulsive e gli eccessi.
Angie: – Un piatto della tua infanzia
I cellucci
Antonio: – La galantina di mia madre e i “cellucci” di mia nonna abruzzese.
Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Antonio: – Il federalismo cerca di sostenere le autonomie e staccarli dal potere centrale. Le cucine regionali nascono da culture diverse e si affacciano sul territorio ognuna con le sue peculiarità. E mentre le autonomie locali possono staccarsi dal governo centrale rispettando comunque la costituzione, così le cucine devono rispettare il buon gusto. Date queste regole può esistere un federalismo culinario. E poi credo che un federalismo culinario porterebbe alla difesa di materie prime, colture e piatti che altrimenti andrebbero persi per sempre.
Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Antonio: – Gli spaghetti al sugo con una foglia di basilico sopra. Oppure il cocomero.
Angie: – Dopo la cucina italiana, c’e’ ne qualcuna internazionale che preferisci? Se si’, quale?
Antonio: – Quella francese, anche se poi mi si occluderebbero le vene per sempre. Quella
cucina thai
thai e la vietnamita.
Angie: – A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Antonio: – Sto lavorando per una fiction televisiva ma il mio pensiero va al terzo romanzo di Rocco Schiavone.
Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Antonio: – Una preparazione lenta, con molte passate nel forno. Ma bisogna fare attenzione a mangiarlo, perché in fondo è molto piccante.
Angie: – A che piatto paragoneresti Letta, Berlusconi, Renzi, Vendola, Beppe Grillo?
Boletus satanas…
Antonio: – Letta un riso in bianco oppure delle zucchine lesse con l’olio. Berlusconi una lasagna al boletus satana. Renzi patatine fritte. Vendola uno stufato e Grillo un piatto freddo. Di quelli che non serve il gas.
Angie: – La cucina ti ha mai tradito?
Antonio: – Sempre.
Angie: – Se tu dovessi abbinare una pietanza a ogni personaggio del tuo romanzo, quali sceglieresti?
Antonio: – Per il mio protagonista penserei sicuramente a un piatto messicano molto piccante.
Angie: – Quale personaggio del tuo libro potrebbe essere “la mela proibita”?
Antonio: – Marina,la moglie di Rocco Schiavone
Angie: – Se tu dovessi scegliere uno scaffale di supermercato (o altro negozio simile), dove immagineresti collocato il tuo libro? E perché?
Castroni a Roma
Antonio: – Da Castroni, a Roma, starebbe in mezzo alle cioccolate da tutto il mondo. Perché c’è quella al marzapane, ma anche quella al peperoncino. Quella alla nocciola e quella col liquore dentro.
Angie: – Stai pensando alla trama da mettere su carta, sei preso dal vortice dell’ispirazione: dove ti percepisci? (es. in un agrumeto, in un campo di pomodori, in una distesa di mais, in un vigneto ecc.)
Antonio: – Vigneto. Fra le colline toscane.
Angie: – quale attore sceglieresti per ricoprire il ruolo del protagonista del tuo libro? E di qualcuno dei “secondari”?
Antonio: – No ti prego, sono troppo dentro quel mondo per fare anche un solo nome.
Angie: – Il sapore delle tue parole?
Fico d’India
Antonio: – Quelle del fico d’india.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come scrittore/ice:
Antonio: – Solitario, sperduto, ansioso.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come uomo/donna:
Antonio: – Ansioso, sperduto, vivo.
Angie: – Cosa c’è di te nel protagonista del tuo romanzo?
Antonio: – Parecchio. O almeno, parecchio di quello che vorrei essere.
Angie: – Il colore della tua scrittura?
Antonio: – blu
Angie: – La colonna sonora del tuo ultimo libro?
Antonio: – Craig Armstrong, the space between us.
Angie: – Il prossimo libro che scriverai?
Antonio: – Il terzo della saga di Rocco Schiavone
Angie: – Il libro della tua vita?
Antonio: – La montagana incantata
Angie: – Il libro che avresti voluto scrivere?
Antonio: – Delitto e castigo.
Angie: – Il libro che non avresti mai voluto leggere?
Antonio: – Tanti. Ma non lo dico.
Angie: – Qui nel nostro paese c’e’ un bel gran “fermento letterario” a Napoli forse piu’ che nelle altre città secondo te ci industriamo, o siamo bravi?
Diego De Silva
Chi tra gli autori campani preferisci e reputi più bravo, ed a quale piatto lo paragoneresti?
Antonio: – Diego De Silva, che è una genovese, e Maurizio De Giovanni che è un ragù.
E poi c’è la pastiera, che è La
genovese
Capria. Francesco Piccolo invece è lo zi’peppe di Positano.
Angie: – Le donne secondo te, sono piu’ brave degli uomini a scrivere? e ad affontare il tuo stesso genere letterario?
Antonio: – Non mi sono mai posto questa domanda.
Angie: – Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Antonio: – Il senso della vita è non rompere i coglioni. Se tutti lo facessero, avremmo un mondo migliore.
Angie: – Il tuo dolce del natale preferito e se hai qualche ricordo legato alla gastronomia di questo periodo
Antonio: – I cellucci che faceva nonna Fiora a Chieti Sono dei dolcetti fatti col mosto. L’odore mi riporta ai Natali a casa sua, con un sacco di cugini a giocare a carte e a stara alzato fino a tardi.
Angie: - Quanto c’e’ di te in Rocco , è forse il tuo alter ego, o quel che avresti voluto essere?
Antonio: - un po’ ci sta. un po’ sarebbe il desiderio
Angie: – in conclusione, una tua ricetta per i miei lettori
petto di pollo
Antonio: – Prendere un petto di pollo. Tagliarlo sottile a quadratini. Metterlo in una bacinella con salsa di soya, una spruzzata di paprika e cumino. Coprire. In una padella far imbiondire le cipolle poi versare del brodo e cuocere una mela tagliata a spicchi con curry. Intanto fare il riso basmati. O anche l’integrale indiano. Anzi questo fatelo subito che ci mette mezz’ora. Frullare la mela e il curry in modo da farne un sugo. Dopo ¾ d’ora prendere il pollo e cucinarlo in padella coperta con olio, vino rosso verso la fine aggiungere il sugo con il curry. Mescolare al riso e servire. Si chiama: Non ne ho la più pallida idea. Però è buono.
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