Nell’assoluto delirio linsanity che sta caratterizzando l’ultima settimana della NBA e della Eastern Conference, vale la pena analizzare le cifre di Ray Allen che nonostante gli anni, si avvicinano i 37, continua a fornire prove balistiche importanti all’interno di un’edizione dei Celtics che fatica…
Il problema è che in questi giorni tutto si rimpicciolisce in confronto a Jeremy ‘the Wonder’, anche il back-to-back-to-back vincente degli Heat!
Le cifre di Allen sono migliorate per quel che riguarda la percentuale dal campo (dal 45,3% al 47.1%), quella da tre (48,3% dal 40%) e quella dei tiri liberi (dall’89,4% al 91,4%). Sono diminuiti i punti da 20 a 14.3 a partita, ma c’è stata una generale ri-distribuzione delle responsabilità offensive tra i Big Three Plus One con Rondo in chiara crescita anche se non sicuro del suo futuro.
In questa strana stagione post-lockout è difficile capire il vero valore delle squadre men che meno lo stato di forma dei singoli giocatori sempre più sollecitati da una programmazione estremamente compressa in cui qualsiasi infortunio o problema può far saltare 4 o 5 partite, influendo in maniera significativa sul record.
Il discorso si applica alla perfezione ai Celtics, squadra di veterani che potrebbero beneficiare della stagione più corta, piazzando la zampata decisiva durante i playoff, a cui devono arrivare però (ora sono 7°) possibilmente senza sprecare tutte le energie nel percorso.
Il lento inizio di Paul Pierce, l’ultimo infortunio di Kevin Garnett e l’influenza di Ray Allen certamente non hanno aiutato il record 15-14, appena sopra il 50%.
Il problema per Allen è che nonostante i numeri, la sua squadra non sta andando meglio, ma a gennaio quando le cose erano veramente complesse (senza Pierce e Rondo) si è preso la squadra sulle spalle (13.5 punti, con il 54.9% da tre!); quando poi al leader vocale maximo, Garnett, si sono ri-aggiunti anche The Captain and the Truth e Rondo, He Got Game è tornato a farsi leggermente da parte diventando di nuovo quel leader oscuro, capace di guidare i compagni senza bisogno di alzare la voce.
Senza palla in mano Ray Allen rimane un poeta e le sue percentuali astronomiche da tre sono solo l’ennesima conferma del tipo di giocatore che è e della grande professionalità che lo contraddistingue.