Una delle cose più interessanti del mio lavoro alla clinica di riproduzione assistita è quella di poter avere a che fare con pazienti dalle nazionalità più disparate . Io mi occupo in particolare delle italiane e francesi, ma i Paesi di provenienza delle pazienti sarebbero degni delle migliori guide turistiche. Capita così di parlare di trattamenti di stimolazione ovarica, desiderio di maternità e le sue appendici con donne dell'Africa Centrale o del Maghreb, con qualche signora asiatica franco o anglofona e con pazienti dell'Est Europa. Tutte unite da una richiesta che fa da minimo comune denominatore: voglio avere un figlio .
Per un antropologo ci sarebbe di che sguazzare, per me parlare con queste donne è spesso spunto per grandi riflessioni, ma mi concentrerò su una considerazione basica nata dal confronto fra italiane e francesi: se c'è una cosa che si nota subito - e dico tipo durante la prima settimana di lavoro - è l'importanza data al sentimento di ansia .
Se potessi fare una classifica delle prime tre parole chiave usate dalle pazienti italiane durante le loro conversazioni con noi coordinatrici, queste sarebbero:
- effetti collaterali
Sul serio, siamo un popolo femminile in preda all'ansia . Io pensavo di aver ereditato geneticamente questo costante ricorso alla parolina magica, cosa che ho cercato di mitigare con gli anni, per paura di trasformarmi in una persona ansiosa, invece mi sono resa conto che è proprio un tratto distintivo italiano (e sono cosciente del fatto che mi sto basando su un piccolo campione statistico 100% femminile e ormonato).
Una paziente francese è mediamente poco destabilizzata dall'ansia e più focalizzata sugli aspetti organizzativi del suo trattamento. Le francesi sono generalmente molto informate, a volte forse anche troppo, ed è facile che arrivino a contraddire i protocolli della clinica avendo già parlato con il loro ginecologo di fiducia, sedicente luminare del campo. Le italiane sono, nella media, molto più propense a cambiare opinione e purtroppo anche più insicure ed inclini a entrare in confusione con facilità , capaci di chiamare 3 volte in un giorno e mandare 4 mail solo per sapere se è un problema trattare il raffreddore con l'antibiotico durante il trattamento di fertilità. Altra grande caratteristica delle pazienti italiane (ed evidentemente dei loro medici di famiglia) è infatti quella di ricorrere all'antibiotico al primo accenno di starnuto. I medici spagnoli, quando chiediamo un consulto sui trattamenti anti-influenzali seguiti dalle pazienti italiane, fanno tanto d'occhi, ma cosí è: all'italiana piace antibioticizzarsi , così - per sicurezza - che non si sa mai.
Ora, come già detto parlo con cognizione di causa su un campione molto specifico della popolazione femminile che sta affrontando un percorso difficile e stressante . E mi piacerebbe poter allargare la considerazione anche alle altre nazionalità ma darei un'opinione fuorviata, perché per motivi organizzativi non seguo tanto da vicino le pazienti nord-europee, africane o asiatiche.
Ma mi incuriosisce molto questo dettaglio sulla nostra maniera italiana di approcciarci alla vita: quand'è che noi donne italiane siamo diventate così ansiose ? Qual è la vostra esperienza a riguardo? E soprattutto, donne che vivete o avete vissuto all'estero, vi riconoscete in questo spaccato femminile dominato dall'ansia?