Magazine Poesie

Jerzy Liebert

Da Paolo Statuti

 

Jerzy Liebert

  Poeta, prosatore, critico. Nacque a Częstochowa il 24 luglio 1904. Nel 1925 si iscrisse alla facoltà di filologia polacca all’Università di Varsavia, ma due anni dopo dovette abbandonare gli studi per difficoltà materiali e per l’aggravarsi della tubercolosi. Fu vicino al gruppo “Skamander”, anche se non aderì ad esso, e strinse amicizia soprattutto con Jarosław Iwaszkiewicz. Dal 1921 cominciò a pubblicare liriche, racconti, recensioni e schizzi letterari su riviste quali “Skamander”, “Wiadomości Literackie” e „Pamiętnik Warszawski”. Autore di liriche religiose e filosofiche, fu uno dei più illustri poeti cattolici del periodo tra le due guerre.

   Creò un proprio stile lirico, rivelando una straordinaria sensibilità verso il mondo circostante. La sua creazione ruota essenzialmente attorno a due tematiche principali: la prima è la religione cristiana. Liebert mostra la figura di un uomo in continua conversione, con i suoi momenti di fede, ma anche di dubbi e perplessità, di un uomo che cerca, trova e perde Dio. La seconda tematica è l’esperienza del dolore, della malattia e la morte . In particolare la sua malattia, che egli spesso tratta ironicamente, costituisce una ricca fonte di esperienze e d’ispirazione. Morì a 27 anni, a Varsavia, il 19 giugno 1931.

 

Poesie di Jerzy Liebert tradotte da Paolo Statuti

 

Risposta

Il volo degli uccelli seguendo sulla città calmo

Maestoso moto, sublime e concorde,

Sempre più alto della volta,

Guarda, la loro ala batte ritmicamente

E al gran silenzio – in gran silenzio mira,

E infine nell’azzurro si trasforma.

Dunque quando mi chiedi, perché la mia parola

Esce sottovoce dal cuore e in cadenza

Cade presso il trono di Dio –

Guarda i colombi che volano sotto il cielo

E di questa quiete ricolma le strofe ardenti,

E capirai tutto, mia cara.

Giugno 1924

 

La messa di mezzanotte

   A mio fratello

Gli uccelli come campanelle si godono il canto –

Cristo è nato per noi e nuovi giorni verranno.

Dalle rive della Vistola fino alla Grotta

Con gli uccelli sono giunti i caprioli in frotta.

Lo scoiattolo mostra i denti e osserva in alto

Due colombi che nuotano nel cielo di cobalto.

E i fiori, benché sia inverno e il freddo l’abbia gelati,

Portano la mirra, l’incenso e calici dorati.

Anche i pavoni sono giunti da paesi lontani ,

Per comparare le piume con le angeliche ali .

E il Bambinello triste guarda la porta e attende

Di vedere l’uomo fra tutta quella gente…

1925

 

 

 

 

A mia Madre

Sotto la tua custodia, o Madre, come in una grand’ombra,

Per la quale cedo le frescure di tutta la flora.

Aumenta il mio amore per te, e in te si ristora,

Come un albero che nella terra le radici affonda.

Il mio petto si solleva assieme ai tuoi sospiri,

E il sonno dai miei occhi si dilegua coi tuoi affanni –

E’ così, ciò che i giorni hanno preso ci rendono gli anni.

Di nuovo udendo la tua voce nei pensieri sprofondo.

Come uno strepito mi placo, come la sera scendo

Nel tuo sguardo cercando in te salvezza dal mio mondo,

Di nuovo seguo con la mano l’amata linea del volto,

E trovando sotto le dita scolpita la tristezza,

Ormai non chiedo più nulla, nulla più rispondo…

1925

 

La taverna di Jurgow

Torna indietro, meglio fare un metro in più,

Pur se il vento ti può accecare –

Davanti alla taverna, laggiù,

Mia cara, per bere non ti fermare…

Dai bicchieri un demonio sbucherà,

Un demonio livido – tenore.

Din! sul vetro – pien di lacrime sarà,

E lui piange, con nota sempre maggiore…

Din! sul vetro, ferma il tempo con un do

E dall’eterno – tu ben sai –

Singhiozzerà! Con me una volta ancor,

Berrai, mia cara, berrai.

 

Guarderai…- il tenore non c’è più,

L’ultimo tono sul tavolo indugia,

E dal bicchiere un altro Belzebù

S’affaccia ottuso…in fronte – una ruga.

Lui ti fissa e un’idea gli verrà –

Languido un zigzag ti taglia il cervello…

Din! sul vetro – il mio volto apparirà!

Non bere, non cader nel tranello!

- Oh, sei tu, tu mio caro? – Dindin! –

Il tetto aperto, i muri incrinati,

La stanza sprofondata, e un nero abisso è lì.

Or gracchierà l’oblio da tutti i lati…

Solo il valzer del demonio piangerà,

Dolce valzer che non si può scordare!

Primo  p a s,  secondo  p a s, terzo  p a s,

E oltre i muri potrai scivolare…

Marzo 1928

 

Notte divina

Fino a quando opprimermi vuoi tu,

Cielo impeciato – farmi paura?

Tu che dispensi piaghe e virtù,

O divina spia oscura!

Dove il tuo invito mi ripeti –

Col canto del gallo a mezzanotte?

La stanza invadi dai vetri

Come Isoppo della notte?

Mi svegli, minacci spietato –

Che vuoi tu dalla mia vita frale?

O buio Senso del Creato,

Dimmi ciò che per te vale.

Dal cielo catramato arriva

La tua voce acuta, roteando.

Perché, forza vendicativa,

M’insegui i sogni turbando?

Sai bene, non da oggi è in ballo

Questa lotta tra noi insensata…

Basta! Ora basta! Taccia il gallo,

Malvagia creatura alata.

Dicembre 1928 e Settembre 1929

 

 

(C) by Paolo Statuti

 

 

 

 

 

 

 

 



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :