La biografia che tutti gli appassionati di Fante desideravano
Venerdì 24 aprile alle ore 21, presso la Libreria Belgravia di via Vicoforte a Torino lo scrittore e giornalista spagnolo di origine italiana Eduardo Margaretto ha presentato il suo libro “John Fante, vidas y obras. Como un soneto sin estrambote”, pubblicato per Alrevés Editorial di Barcellona e già presente nella Libreria Belgravia nell’ampia sezione di narrativa contemporanea ispanoamericana in lingua originale. L’incontro si è svolto durante la manifestazione Torino che legge.
Un titolo singolare
Un titolo singolare e proprio per questo accattivante quello scelto da Margaretto per la sua biografia su Fante: ce lo spiegano lo scrittore Ricard Ruiz Garzón e il giornalista Enrico Romanetto. «È curioso il titolo del libro di Margaretto», afferma lo scrittore spagnolo durante il programma Els Matins TV3, «Margaretto parla di vite e opera di John Fante riferendosi alle molte vite dello scrittore statunitense (la propria e quelle dei suoi personaggi), confluite tutte in un’unica immaginaria grande opera in cui, come sostiene Margaretto, realtà e finzione si fondono».
“Come un sonetto senza strambotto”: questo il sottotitolo della biografia (citazione da “Chiedi alla polvere” di Fante), chiarito dal giornalista italiano durante la presentazione dell’opera di Margaretto: «letteratura transnazionale, letteratura “bastarda”, letteratura delle migrazioni: per cento definizioni sfruttabili, quella che meglio inquadra il lavoro di Margaretto sta proprio nel titolo scelto per chiosare la letteratura di Fante e del suo Bandini. Il sonetto, di cui è facilmente identificabile l’origine ed è chiara l’evoluzione stilistica che lo ha reso transnazionale, riscattandolo dai localismi e dalla poesia di maniera».
E non è un caso che dietro a questa monumentale biografia, che investiga l’intensa vita del “narratore più maledetto d’America” come lo definì Charles Bukowski, vi sia il lavoro ventennale di Eduardo Margaretto scrittore e giornalista spagnolo di origine italiana, la cui famiglia – analogamente a quella di Fante – emigrò dapprima in America e poi in Spagna.
“Fante era il mio Dio” (C. Bukowski)
Con questa provocatoria dichiarazione Bukowski espresse tutta la sua ammirazione per gli scritti dello scrittore e sceneggiatore statunitense, ammirazione concretizzatasi nel suo personale e tenace impegno per la ripubblicazione delle opere di Fante. Infatti, come accadde a molti padri della letteratura contemporanea, anche il successo di Fante fu tardivo (da qui il sottotitolo della biografia di Margaretto: “Un sonetto senza strambotto”, qualcosa che in musica non esiste – il sonetto o è sonetto o è sonetto con strambotto –, un’espressione poetica triste, dunque, proprio come il successo solamente postumo di Fante).
Come spiegato da Margaretto John Fante è uno scrittore della cosiddetta Generazione perduta (Lost Generation), definizione resa popolare da Ernest Hemingway e presa a prestito dalla di lui mecenate Gertrude Stein per riferirsi ai giovani che avevano prestato servizio durante la prima guerra mondiale. Le figure che s’identificano con la Lost Generation includono autori e poeti come Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, John Steinbeck, T.S. Eliot, Henry Miller, Ezra Pound…, la cui fama arrivò solamente dopo la loro morte. Nel caso specifico di Fante la sua riscoperta fu appunto attribuita a Charles Bukowski che a partire dal 1980 definì l’autore “il migliore scrittore che abbia mai letto” e si preoccupò della riedizione delle sue opere, tradotte in più di dieci lingue nei successivi vent’anni. In Spagna il successo di Fante fu ancora più tardivo, come conferma il lungo e minuzioso lavoro di ricerca di Margaretto che impiegò moltissime sue energie per farsi mandare dall’Italia numerosi scritti sull’autore statunitense.
Realtà e finzione nelle opere di Fante
«Realtà e finzione, due termini che nonostante il loro antagonismo sono legati da un filo molto sottile» scrive Eduardo Margaretto. C’è un aneddoto di Joyce, la moglie di Fante, che illustra bene il “gioco” dello scrittore nel mescolare vita e scritti: all’inizio della sua relazione con Fante Joyce si rese conto che molte delle cose raccontate dal marito sulla sua vita e sulla sua famiglia non erano esatte. Inizialmente pensò che lui la stesse prendendo in giro, ma poi si accorse che non era così. Fante rivisitava la realtà, la famiglia, i ricordi, rielaborava costantemente tutta la sua vita. Fu allora che Joyce si rese conto che viveva con un vero scrittore.
John Fante, come il suo alter ego Arturo Bandini, è un immigrato italiano che sperimenta tutte le contraddizioni dell’emigrante, come si percepisce dalla nostalgia che emerge dalle sue opere. Da un lato Fante è americano e vuole sentirsi americano, mangiare sandwinch con maionese e non con mortadella, però dall’altro la sua famiglia e la società gli ricordano costantemente da dove viene. In altri scritti invece, come ad esempio nel bellissimo racconto lungo “Il mio cane stupido”, critica i suoi figli che non hanno ormai quasi più nulla di italiano e vende metaforicamente le sue mazze da golf per andarsene a Roma.
Storie, vite, realtà e finzione s’intrecciano nell’opera di Margaretto, una biografia narrativa che si legge come se fosse una novella. «Già è primavera Bandini!» con queste parole si conclude lo scritto dell’autore spagnolo, che sembra voler invitarci a celebrare il successo di Fante sia in America che in Europa.
Aspetta primavera, Bandini
«Ora che sono vecchio non posso ripensare ad “Aspetta primavera, Bandini” senza smarrirne le tracce nel passato. Certe notti, a letto, una frase, un paragrafo o un personaggio di questa prima opera m’ipnotizza e nel dormiveglia mi ritrovo a ricucirne le frasi ricavando il ricordo melodioso di una vecchia camera da letto nel Colorado, o di mia madre e mio padre oppure dei miei fratelli e di mia sorella. Non riesco a convincermi che una cosa scritta tanto tempo fa mi risulti così dolce nel dormiveglia e tuttavia non riesco a guardarmi indietro, riaprendo e rileggendo il mio primo romanzo. Ho paura, non sopporto l’idea di vedermi sotto la luce della mia prima opera. Sono certo che non la rileggerò più. Di una cosa però sono sicuro: tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di me non c’è più niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina» (Prefazione di John Fante ad Aspetta primavera, Bandini).
Queste frasi riassumono quanto esposto finora: il connubio tra realtà e finzione nella vita e nelle opere di Fante, il fascino esercitato da quest’autore sullo scrittore italo ispanico Margaretto, il desiderio da parte di quest’ultimo di indagarne le molte vite. Riporto un episodio che mi ha colpito: siamo nel ’91 e Margareto vive a Madrid dove si era recato sperando di avere successo come musicista (analogamente Fante si spostò a Los Angeles per realizzare la sua ambizione di lavorare come scrittore). Un giorno si reca al cinema per guardare il film “Aspetta primavera, Bandini”: l’intera sala è vuota, tutta per sé, proprio come spera Arturo Bandini quando va al cinema per fantasticare il suo amore non corrisposto per la compagna di classe Rosa.
La passione di Eduardo Margaretto per Fante si percepisce leggendo ogni riga della sua biografia, dove quasi nessuna parola sembra scelta casualmente. Concludo traducendo parte di un’intervista a Margaretto (Yolanda Delgado Batista “La isla de San Borondòn”).
D.: «Tra tutto quello che hai scoperto in vent’anni di ricerca, cosa ti ha regalato quest’autore?».
R.: «Bukowski disse: le emozioni che questo scrittore sa suscitare; il cineasta Edward Dmytryck: nessuno come lui era in grado di dar vita ai suoi personaggi in maniera tanto autentica; il professore universitario Richard Collins sottolinea la maestria dei suoi dialoghi; suo figlio, Dan Fante, confessò in un poema che la cosa più importante che suo padre gli aveva lasciato era il suo puro cuore di scrittore… Cosa posso rispondere io? Mi sento solo quando si fa notte, prendo uno qualsiasi dei suoi libri, lo apro… e mi sento bene!».
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