Com’è possibile che i pochi ginecologi non obiettori possano continuare a praticare interruzioni di gravidanza nonostante il verdetto medico-scientifico-filosofico mostri ormai chiaramente che a venire ucciso è un essere umano, “uno di noi” chiamato alla vita e ucciso in nome del presunto (ma, in realtà, inesistente) diritto di scelta di un altro essere umano?
Per cercare di rispondere a questa domanda, nel novembre scorso abbiamo letto con molta attenzione e curiosità le riflessioni di alcuni ginecologi abortisti, rimanendo molto sorpresi. Anche loro sanno benissimo che l’embrione è un essere umano, un “bambino” dicono alcuni, nessuno infatti è contento del suo lavoro quando si tratta di sopprimere una vita umana. Addirittura Alessandra Kustermann, della Mangiagalli di Milano, spera di poter redimersi davanti a Dio quando sarà in pensione. Siamo rimasti però con una domanda: se allora è evidente che l’embrione è un essere umano, con quale diritto etico e morale lo si uccide, violando così il suo diritto alla vita? Forse il fatto che la legge lo permetti (fino ad una certa data, perché dopo i 90 giorni obbliga, giustamente, a partorire) evita che la coscienza si interroghi? E’ quindi la legge votata a maggioranza a determinare cosa è eticamente giusto o sbagliato?
Con la stessa curiosità e attenzione abbiamo letto la recente intervista de “L’Espresso” al dott. Nicola Surico, presidente uscente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ed attuale Presidente dei chirurghi italiani, oltre che professore ordinario e direttore della clinica ginecologica della facoltà di medicina di Novara. L’”Espresso” ha iniziato una battaglia contro la tutela della vita e della maternità e a favore dell’aborto, questa intervista rientra in questo contesto.
«Io sono cattolico. Obiettore. Ma penso che la legge vada applicata. Punto. E nel miglior modo possibile». Così inizia l’intervista che serve a richiamare fin da subito l’alto senso civico verso lo Stato del dott. Surico. Un cattolico particolare, però, che sembra infastidito dalle dichiarazioni dei Pontefici e del Vaticano contro l’aborto, tanto che più sotto si lamenta che in Italia «ci sono due Stati, non uno, e lo dico da cristiano». Ma è la prima risposta in realtà a sconcertare: «Far abortire una donna è un lavoro che non piace a nessuno. Molti miei colleghi dopo un po’ non ce la fanno più: si tratta pur sempre di interrompere una vita, e questo pesa. È un dolore traumatico per le pazienti che lo richiedono ma è un problema anche per i medici: ne ho conosciuti molti inseguiti dal rimorso». Con tranquilla nonchalance si riconosce che si tratta di “interrompere una vita” umana e che la legge incredibilmente lo permette. Vengono subito in mente le recenti parole di Papa Francesco: «Ma voi pensate che oggi non si facciano i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono».
Tuttavia, per l’illustre medico è preferibile far rispettare (“nel miglior modo possibile”) la legge, piuttosto che il comandamento evangelico “non uccidere” quando si tratta di una vita umana. E questo paradossalmente deriverebbe proprio dalla sua fede religiosa: «Da cattolico che non accetta che una legge non venga applicata». Bene, e se la legge permettesse l’infanticidio dei neonati, come due ricercatori della Consulta di Bioetica Laica, guidata da Maurizio Mori e Beppino Englaro (presidente onorario), hanno teorizzato? Oppure ricordiamo le leggi razziali? La legge andrebbe rispettata (“nel miglior modo possibile”) anche in questo caso? E’ sicuro che il cattolico deve rispettare sempre la legge? Se non è così, con quale criterio decidere quando farlo e quando non? Come ha ricordato Renzo Puccetti, durante il processo di Norimberga si è riconosciuto che esiste «il dovere di disobbedire alle leggi chiaramente riconoscibili come in violazione di principi morali superiori». Forse allora uccidere una vita umana non è in violazione dei principi morali superiori? Forse esistono vite umane la cui uccisione viola “meno” i principi morali? Vite umane più sacrificabili delle altre? Nessuna risposta a questo.
Fortunatamente l’ex presidente della Sigo riconosce che l’obiezione di coscienza non disturba l’accesso all’aborto come viene detto da chi vuole impedire la libertà dei medici e anche che «l’obiezione è un diritto che va rispettato», anche se però aggiunge: «esattamente come quello di abortire». Esiste un diritto all’aborto? Quale legge lo stabilisce? Forse la Costituzione parla di diritto? Il laico magistrato Vladimiro Zagrebelsky, ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha spiegato che «la Corte europea [...] non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna [...]. Nemmeno la legge italiana prevede un “diritto all’aborto”, essa regola la difficile, drammatica contrapposizione tra la prosecuzione della gravidanza e la tutela della madre». Proprio in questi giorni il Parlamento europeo ha respinto in via definitiva il rapporto Estrela su “Salute e diritti sessuali e riproduttivi”, che avrebbe sponsorizzato l’aborto come diritto umano
Ci sembra abbastanza preoccupante che l’ex Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) parli di “diritto all’aborto” e dunque mostri di non conoscere la legislazione italiana rispetto all’interruzione di gravidanza. Sopratutto che consideri il rispetto per una legge superiore al rispetto (o al far rispettare, essendo lui obiettore di coscienza) della vita umana. «Sembra poco prudente e esageratamente pericoloso dichiararsi cattolici e pronunciarsi favorevolmente su un atto legislativo le cui conseguenze sono stati così dolorose e cattive», ha commentato il dott. Puccetti. «C’è una contraddizione di fondo nel dirsi cattolico e poi accettare che non si pratichi la carità per il più indifeso degli esseri umani. Non è assurdo che in nome di un diritto presunto alla scelta, si accetti di sopprimere la vita di un innocente bisognoso di accoglienza e di amore?». Quella del Papa citata più sopra «è un’affermazione che non lascia via di fuga. Il Santo Padre porge la sua parola ad ogni uomo, soprattutto a chi si professa cattolico».
La redazione