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L’addio de “L’infedele”

Creato il 11 dicembre 2012 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

l'infedeleCambio di stagione e largo ai giovani, spiega in apertura di puntata Gad Lerner mentre, L’infedele chiude i battenti, dopo oltre dieci anni di trasmissioni.  Il talk show in onda dal 2002, ogni lunedì su La7 lascia il posto a Piazza pulita di Corrado Formigli, il quale, scalzato dal maestro, Michele Santoro, dalla prima serata del giovedì, accoglie la sfida di proporre Piazzapulita in una serata affollata di proposte analoghe.

Prima di lasciare il campo, però, Lerner sferra il suo ultimo attacco alla concorrenza:  ” Credo che questo non possa essere un commiato lacrimoso, al contrario, un passaggio esistenziale, vedremo poi, naturalmente l’anno prossimo, se sarò capace di far seguire un prodotto televisivo diverso e interessante” . Un augurio e una speranza, intanto la puntata si snoda come sempre su un  tema di estrema attualità : le dimissioni del governo tecnico, in compagnia di Susanna Camusso segretario della Cgil, Aldo Bonomi sociologo, Enrico Mentana direttore del Tg La7, Maurizio Maggioni scrittore e Aurora Lussana direttrice de La padania e Tele padania.

Si parte provocatoriamente, è una bella notizia?  Camusso: ” Se si fanno i provvedimenti che è necessario fare in questo periodo, è una buona notizia, nel senso che è necessario che si torni alla politica con soluzioni che si misurino con il disagio sociale e con le diffcoltà che ci sono, però questo rende necessario che il Parlamento prima chiuda cose molto urgenti”.  Lo stato d’animo di sollievo e di soddisfazione da parte del PdL dopo la sfiducia al governo, non è ovviamente condiviso dalla Cgil : ” Tre anni di governo Berlsuconi, durante la crisi hanno portato questo paese ai problemi che hanno reso necessario l’arrivo del governo dei tecnici, ricordiamocelo. Noi, riconosciamo al governo Monti che siamo tornati credibili nel mondo, ma , non abbiamo mai nascosto che abbia avuta pochissima attenzione, per non dire, nessuna, ai problemi del lavoro, della crisi sociale e delle emergenze che man mano nascevano, dai problemi aperti a seguito della riforma del lavoro, non hanno dato nessuna risposta al lavoro, ai lavoratori e ai pensionati”.

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Questo è il nocciolo di quest’ultima puntata, il dubbio che ruota attorno alla problematica dell’handicap strutturale dei tecnici quando si tratta di affrontare la via delle persone. Troppo rigidi e  insensibili per accorgersi della povertà senza riscatto che il Paese, privato di risorse morali e culturali,  sta affrontando. Maggiani:” Credo che questo Paese sia passato dall’epoca dello scialo, dove sembrava di poter spendere e avere ogni cosa, dove non esisteva la parola “povero”, alla miserabilità. Per decenni non è più nemmeno esistita la parola povertà, , c’erano i meno abbienti, tutti avevano, chi più, chi meno, oggi invece, siamo in un ‘epoca in cui constatiamo che non solo siamo poveri, ma che non siamo più nemmeno orgogliosi di essere operai”.

Un governo Monti che non  vuole chiedersi se la politica pur disponendo di strumenti efficaci per lottare contro la piaga della povertà crescente, giunta in Italia fino allo “smottamento del ceto medio”, debba necessariamnete farlo. I tecnici in quanto tali sono forse minati da un handicap culturale che gli preclude la leadership di politiche redistributive nel nome dell’equità e della giustizia sociale? Il ritorno del “dinosauro” come si è autodefinito Berlusconi darà la possibilità ai tecnici di divenire politici?  Enrico Mentana: ” Gran aprte dei tecnici non vede l’ora, quando tu calchi la scena non rientri mai volentieri. Monti non è super partes, è un signore che ha dichiarato la sua consonanza con il partito popolare europeo, ha nel suo orizzonte la possibilità di fare centro, e questo lo trovo altamente possibile”.

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A questo punto parte, il piatto forte della puntata,  l’intervista di Elsa Fornero, il ministro che forse più s’è impegnata e più ha sofferto l’impopolarità sul terreno delle pensioni, dei rapporti di lavoro, degli ammortizzatori sociali. Colei che più ha dovuto misurarsi con la sofferenza sociale e la povertà, imponendo politiche di austerità. Colei che è stata al centro di incessanti polemiche per le  riforme varate ma anche per la scarsa diplomazia usata nei confronti di categorie sociali fortemente disagiate. Il ministro  ha provato a rispedire al mittente le accuse piovutele addosso in questi mesi: Si sono ridicolizzate, per un anno, le mie due lacrimucce, mentre quelle di Vendola e Bersani sono state viste come segno di sensibilità virile. Sono 15 anni che l’economia italiana non cresce, il reddito è sceso, si chiama impoverimento del Paese, è il risultato di problemi strutturali di lungo termine sui quali si è pesantemente inserita la crisi finanziarie e economica, come una malattia su un corpo debilitato, quel decreto “salvaItalia” è stato una necessità”. Sono stata ridicolizzata per due lacrime, ma le assicuro, che non è stato semplice, sapevo cosa sarebbero stati i sacrifici per le persone, ma le risposte in quel periodo erano che le misure non bastavano, mai. La crisi voleva dire non riuscire neanche a pagare le pensioni, non riuscire a pagare gli stipendi pubblici, una situazione come quella greca amplificata”!

Ma e i ricchi, sorge spontanea la domanda? Elsa Fornero ha replicato a vecchie e nuove obiezioni, incentrate sul peggioramento della condizione di pensionati e lavoratori colpiti dal “rigore montiano” e sul mancato ascolto delle parti sociali, rivendicando (oltre che per sè) per i colleghi di governo “un consenso più grande di quanto si sostenga sui media”, addebitando in ogni caso alla Cgil la responsabilità di un dialogo prematuramente interrotto e ribadendo la sua non indiffernza alla vita delle persone ” Dico piuttosto che c’è in questo Paese, una tendenza al populismo, una tendenza a pensare ai problemi complessi che si possano risolvere in maniera facile. Dobbiamo toglierci dalla testa certe idee del passato, possiamo rendere un po’ meno felice il ricco e un po’ meno infelice il povero, ma costruito in una società che viene dal progresso di tutti, basandoci su meriti e non su falsi miti”.

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Dunque il governo dei tecnici vuole rieducarci, dimenticando che, l’obiettivo di un governo è quello di affiancare e accompagnare i processi sociali non quello di rieducare dall’alto.  Non viene presa in considerazione la spinta propulsiva dal basso, dimostrando una effettiva difficoltà ad incontrare le sofferenze delle persone. Rigorosissimi e con molto stile sorvolano ad alta quota il problema, quello di capire quali siano i sussulti, le urla e i disagi che vengono dal basso per interpretarli e risolverli. Non è una visione populista. Sono due mentalità parallele che non si incontreranno mai, e il conflitto nasce proprio sull’idea del modello Paese colpevolizzato e dimenticato. Ma è la  politica che si è dimenticata di avere un Paese da governare, lo ha privato della dignità del lavoro e della coscienza collettiva. Questo governo,  ha colto efficacemente  il problema dei numeri ma,  non si neppure accorto che dietro a quei numeri ci sono persone private della speranza e dell’appartenenza. Un governo che ha ragionato solo con i lumi della scienza e della dottrina, mentre il mondo vero è tutt’altro.


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