Magazine Economia
Anno domini 2005
Pier Luigi Vigna lascia il posto di Procuratore Nazionale Antimafia per sopraggiunti limiti di età, carica da lui presieduta negli ultimi 8 anni.
In lizza per subentrargli ci sono fondamentalmente soltanto due candidati: Pietro Grasso e Giancarlo Caselli.
Il governo del Polo della Libertà entra in subbuglio.
Caselli è un nome altamente sgradito, viene considerato una di quelle "toghe rosse" tanto odiate da Silvio Berlusconi e la sua possibile nomina a Procuratore Antimafia viene percepita come un rischio inaccettabile.
In quei mesi, siamo nel marzo 2005, in Parlamento si sta ridiscutendo sulla riforma Castelli della giustizia, già bocciata una prima volta per incostituzionalità dall'allora Presidente della Repubblica Ciampi.
Durante le discussione viene presentato un emendamento da parte del senatore di Alleanza Nazionale Luigi Bobbio.
L'emendamento Bobbio, in sostanza, inserisce nella riforma l'impossibilità di assumere carichi dirigenziali nel caso manchino meno di quattro anni alla pensione.
Sembra un emendamento come tanti. Ma non è così. In molti notano una "simpatica coincidenza". Con questo emendamento Caselli, per legge, non può ricoprire l'incarico di Procuratore Nazionale Antimafia. Il Governo si è intromesso nel potere giuridico tagliando fuori un concorrente.
Le proteste montano da più parti, molti giuristi ritengono questo emendamento assolutamente incostituzionale ma la palla passa ora al Capo dello Stato
Nel Luglio del 2005, Carlo Azeglio Ciampi , firma la riforma Castelli. Sostiene di avere ancora molti dubbi sulla bontà della riforma voluta dal governo Berlusconi, ma è obbligato a firmarla ( per legge il Capo dello Stato non può mettere due volte il veto alla stessa legge)
A quel punto Caselli è ufficialmente fuori dalla corsa al'Antimafia. Il Consiglio superiore della Magistratura nomina Piero Grasso nuovo procuratore Nazionale Antimafia. L'ex Procuratore di Palermo accetta l'incarico anche se da più parti gli si chiedeva di rifiutarlo vista la legge vergogna di cui è stato incolpevole beneficiario.
Ma lui tace, si tiene alla larga dal discorso e porta avanti il suo lavoro.
Fino al giugno 2007 quando la Corte Costituzionale dichiara l'emendamento Bobbio "incostituzionale" e "irragionevole". Insomma una porcata.
Ma grazie o per colpa di quella porcata, il Csm non aveva potuto compiere una scelta ma si era limitata a ratificare una decisione che in pratica era stata presa dal parlamento.
Un ingerenza di poteri senza precedenti. E dopo la sentenza della consulta a Grasso torna la parola:
"Sono contento. Era una legge che non ho condiviso"
Se davvero erano questi i suoi sentimenti, forse avrebbe dovuto agire diversamente, difendere la Costituzione da un attacco brutale, proteggere il suo collega vittima di un ingiustizia e con lui tutti quei magistrati che per le loro indagini diventano invisi al potere politico.
Ma non lo ha fatto. E questa è una macchia che non si cancella
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