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L'arresto di Marcello dell'Utri e i piedi a paletta di Salvo Lima
Creato il 13 aprile 2014 da StupefattiQuesto paese è ipermetrope. Ha problemi di messa a fuoco. Vuole sempre mettere tutto a ferro e a fuoco, certo, vuole sempre fare la rivoluzione, ma gli basterebbe imparare a mettere a fuoco, per migliorare le cose. Un esempio. Oggi 13 aprile 2014 Marcello Dell'Utri è stato arrestato a Beirut dopo quella sentenza pubblicata il 6 settembre 2013 che il giornalista Salvo Palazzolo definì "il libro dell'anno". Torniamo dunque a quel 6 settembre 2013. L’Italia è tutta presa dall'onda lunga del casino successivo alle ultime elezioni nazionali, che donano al paese una situazione di sostanziale ingovernabilità parlamentare. Ecco dunque che arrivano le motivazioni del processo Dell’Utri. Ma nessuno ci fa caso. In queste motivazioni si afferma che per 20 anni – dal 1974 al 1992 – l’imprenditore Silvio Berlusconi si è fatto (consapevolmente) proteggere e aiutare dalla mafia siciliana, con la mediazione di Marcello Dell’Utri e Vittorio Mangano. E’ verità giudiziaria dunque, verità storica. Dell’Utri è un personaggio chiave per la storia italiana degli ultimi decenni. E’ – tra le altre cose – è l’organizzatore materiale della rete di circoli politici che poi diventerà Forza Italia. Dell’Utri è l’artefice della macchina da guerra organizzativa di quel fenomeno che diventerà il Berlusconi-politico. La sentenza non dice niente sui successivi 20 anni, quando Berlusconi “scende in campo”, si impone come nuovo uomo di maggioranza, creando in pochi anni un nuovo sistema di potere.
Un’ipotesi. Rispetto alla mafia il Sistema Berlusconi ha ripreso il ruolo che ha avuto la Democrazia Cristiana dall’immediato dopoguerra fino – diciamo – agli anni ’80. La vecchia DC di Salvo Lima – prima con Amintore Fanfani, poi con Giulio Andreotti – che garantiva i mafiosi, li appoggiava, li agevolava, ma principalmente li lasciava fare, delegava loro affari illeciti e leciti, arbitrio, autorità, giurisdizione, e in cambio si prendeva un sacco di voti – sguazzando in quella grossa presa in giro che si chiamò democrazia – voti e quindi consenso, potere, controllo, stabilità, ordine. Fino agli anni ’80, ecco. Poi ci sono stati anni di buio e confusione.
Venne la droga, infatti. Soldi, tanti soldi, un sacco di soldi. Ogni 1000 lire investiti 140 milioni guadagnati. E vennero i corleonesi, che dal ’58 in poi misero radici a Palermo, infilandosi rapidamente in tutti i nuovi grandi affari della mafia, piazzando il loro Ciancimino all’assessorato ai lavori pubblici, cementificando Palermo sotto la benedizione del sindaco Salvo Lima.
I corleonesi che non andavano tanto per il sottile, che presero il potere, egemonizzarono la cupola mafiosa, con la forza militare e tanto sangue versato. Lotte di potere ferocissime, le cosidette “guerre di mafia” che sono state vere e proprie guerre civili, piene di morti ammazzati – tanti, troppi morti ammazzati. 600 omicidi dal 1981 al 1983. E ammazzavano donne, bambini, poliziotti, carabinieri, magistrati, politici, giornalisti, senza un minimo di strategia, rischiando di rovinare tutto – potere, influenza, business – perchè tutto troppo esposto.
Cresce l’instabilità interna della mafia e intanto quel cornuto di Falcone si inventa la formula per fare davvero paura ai mafiosi: lavoro di squadra ad altissimi livelli e indagini bancarie. Seguire il denaro e studiare bene le carte. Fino alla cannonata del maxi-processo, la grande opera del metodo-Falcone. Una cosa inaudita. Salta ogni ordine ed equilibrio. Quei pazzi dei corleonesi e quei pazzi del pool antimafia – quei tragediatori di Riina, Provenzano, Chinnici, Falcone, Borsellino etc etc – scorazzano senza controllo. La situazione scappa un pò di mano.
Alla fine di quegli anni di buio e confusione, la DC perde l’appoggio della mafia, perchè non riesce a “garantire” più niente. Il gioco è divenuto troppo grande e complesso. Si attende la sentenza di cassazione del maxi processo. I mafiosi sperano che questa sia “aggiustata” dal giudice Corrado Carnevale, chiamato l’ammazza-sentenze. Da azzeccagarbugli corrotto e colluso qual’era, Carnevale trova sempre il cavillo utile per annullare tutto. Nella sua carriera ha fatto fallire centinaia di processi di mafia. Ma Falcone – nel frattempo volato a Roma per dirigere l’ufficio Affari Penali del Ministero della Giustizia – introduce il criterio della rotazione e lo solleva dall’incarico. I mafiosi tentano allora a bloccare quella sentenza ammazzando il 9 agosto 1991 Antonino Scopellitti, titolare della pubblica accusa. Ma niente. La sentenza di cassazione arriva lo stesso, il 30 gennaio 1993, e conferma le durissime pene del primo grado. I mafiosi allora fanno saltare il tavolo da gioco.
12 marzo 1992. Viene ammazzato Salvo Lima. I suoi piedi ritti sotto il lenzuolo bianco a Mondello sono il simbolo di un terremoto di potere.
17 settembre 1992. Viene ammazzato Ignazio Salvo, che – insieme al cugino Nino Salvo, nel frattempo morto di tumore – aveva spadroneggiato nell’imprenditoria siciliana, monopolizzando la riscossione tributi di tutta l’Isola e rappresentando la mafia dei “colletti bianchi”, dei piani alti, degli agganci a Roma e del vecchio accordo mafia-Dc. Ignazio Salvo, condannato a 3 anni al maxi processo, viene ammazzato nella sua villa a Santa Flavia, vicino al lussuosissimo hotel Zagarella – fiore all’occhiello del settore alberghiero di tutta la provincia – ovviamente di sua proprietà. L’omicidio di Salvo, come quello di Lima, è un chiaro messaggio di rottura – rottura definitiva – indirizzato a Giulio Andreotti e tutti i vecchi “garanti”.
Ed ecco dunque i botti finali, quelli che fanno paura.Tremano le fondamenta di una nazione.
23 maggio 1992. Strage di Capaci. (Due giorni dopo viene eletto presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Bruciata la candidatura di Andreotti)19 luglio 1992. Strage di via D’Amelio. 14 maggio 1993. Fallito attentato a Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Via Fauro, Roma. 27 maggio 1993. Strage dei Georgofili, Firenze. 27 luglio 1993. Strage di via Palestro, Milano. 28 luglio 1993. Bombe in San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, Roma.
31 ottobre 1993. Fallito attentato allo stadio Olimpico, Roma.
Risuonano gli echi delle bombe. Intanto Tangentopoli distrugge il sistema partitico della prima Repubblica. Scandali e inchieste, avvisi di garanzia e manette. Socialisti e democristiani si vedono annientati i rispettivi partiti dai magistrati del pool di Milano. Mario Chiesa, arrestato il 17 febbraio 1992, comincia a parlare il 23 marzo, undici giorni dopo l’omicidio di Lima, scatendando l’effetto-domino. Risuonano gli echi delle bombe. Intanto arrestato Totò Riina il 15 maggio 1993. Risuonano gli echi delle bombe. Intanto i mafiosi si guardano attorno, cercano nuove sponde politiche, pensando addirittura di scendere in campo in prima persona e fondare un partito autonomista.
Poi ecco che arriva la soluzione.
Bandiere tricolori all’orizzonte.
Inni di cattivo gusto.
Tanta figa d’appoggio.
1994. Nasce la seconda repubblica. Si insedia il primo governo Berlusconi. Tanto, tanto consenso.
Ipotesi. Con Berlusconi si trova una nuova stabilità, un nuovo equilibrio di potere. Finalmente la mafia – che nel frattempo è diventata ricchissima dopo i grandi affari degli anni ’70 e ’80 – trova un nuovo garante. La mafia può appoggiare ed essere appoggiata da un uomo politico e un sistema di potere all’avanguardia, che si sa muovere benissimo nel mondo contemporaneo, e che ha dalla sua potere economico e potere mediatico. Berlusconi mette pace. Fa tornare il senno alla mafia di un rinsavito Provenzano. I mafiosi possono smetterla di far saltare in aria gente, strade e palazzi, mitragliare macchine e ingressi di casa, esporsi troppo. La mafia può tornare a dettare legge sul territorio, con modalità diverse. Ma soprattutto può tornare a fare affari tranquillamente, con la “sommersione” di Provenzano, ovvero: cerchiamo di ammazzare il meno possibile e concentriamoci a fare soldi, soldi, soldi. La sommersione di Provenzano che forse un giorno – IPOTESI - verrà definita “la sommersione di Berlusconi e Provenzano”.
Note
1) Link sparsi su tutto questo. Aprile 2014. "Finisce a Beirut la fuga di Dell'Utri", "Estradizione prima della sentenza definitiva", "Gli affari in Libano di Dell'Utri" (Il Fatto Quotidiano). La Fotogallery dei luoghi dell'arresto, l'inchiesta del 2002 di Giuseppe D'Avanzo, "Marcello dal Refugum Peccatorum" (Repubblica)Novembre 2013. Che silenzio su Dell'Utri (Espresso). Le motivazioni della sentenza: "Dell'Utri mediatore con Cosa Nostra" (Repubblica). Dell'Utri, parla il nuovo pentito (Espresso). Dell'Utri e Berlusconi anni '80, le foto (Espresso). Dell'Utri, lo scandalo italiano (Espresso). Dell'Utri, confermata la condanna a sette anni, il video (Repubblica). I giudici su Dell'Utri: condotta illecita andata avanti per il ventennio (Il Fatto Quotidiano). Dell'Utri, continua il romanzo criminale, il video (Repubblica). Il patto tra Berlusconi e la mafia (AntimafiaDuemila). La corruzione come metodo (Repubblica). Dell'Utri e quei soggiorni giovanili (IlSole24Ore).
1-bis) Ucciso Ignazio Salvo, l'intoccabile (Repubblica). Vent'anni fa l'omicidio Lima (Repubblica). L'inizio della strategia del terrore, Cosa Nostra crea il suo futuro (Repubblica). Così operò Cosa Nostra tra il '92 e il '93 (Sardies).
1-ter) Novembre 2013. Parla il pentito Giuffrè: "Dell'Utri ci diede garanzie e noi votammo Forza Italia (Il Fatto Quotidiano). Novembre 2012. Anche la mafia molla Berlusconi (ControPiano). Novembre 2013. L'eroe Mangano e il cavaliere caduto nel fango (AntimafiaDuemila). Gennaio 2014. Riina racconta la mafia da Dalla Chiesa fino a Berlusconi (AntimafiaDuemila). Riina e Lo Russo durante l'ora d'aria. Minacce a Berlusconi (Il Fatto Quotidiano). Il video (Il Fatto Quotidiano). "Dell'Utri, una storia italiana" (AntimafiaDuemila).2) Questo post è l'inizio provvisorio di un filone di ricerca di StupeFatti Blog dal titolo: "E dunque, che cazzo è sta mafia?". Si partirà dalla lettura e dall'analisi di tutte le carte dei processi per mafia celebrati sulla faccia della terra (cifra indicativa: un miliardo di miliardi di pagine), dal libro "Cose di Cosa Nostra" di Giovanni Falcone, dall'analisi destrutturativa e criticona di tutti i libri e gli articoli sulla mafia pubblicati sulla faccia della terra (cifra indicativa: più delle pagine delle carte processali) più un elemento fondamentale per riuscire a capire tutto: una chiacchierata di un'ora con un gruppo di vecchietti di Bagheria mentre giocano a briscola.
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