L’astrofisico Piero Benvenuti, docente presso l’Università di Padova, staff member dell’Agenzia Spaziale Europea, sub-commissario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Direttore dell’Osservatorio IUE, già responsabile scientifico Europeo del progetto “Hubble” e Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha commentato l’ultima fatica dell’affaticata militante atea ed ex-scienziata Margherita Hack (89 anni).
L’astrofisico osserva inizialmente come nel suo ultimo libro, “Il mio infinito” (Dalai editore 2011), la Hack ricicli la sua storia dell’astronomia, già apparsa in varie forme e sotto titoli diversi nei suoi molti volumetti divulgativi. La prima parte dell’articolo di Benvenuti è rivolto agli errori scientifici commessi dalla ex scienziata, campo nel quale «dovrebbe essere di competenza professionale dell’astronoma più famosa d’Italia». Cita ad esempio la soluzione alla domanda “perché il cielo notturno è buio” (detto “paradosso di Olbers”), che la Hack riconduce solamente al tempo finito dell’evoluzione dell’universo e non ne menziona invece la vera causa, ovvero l’espansione dello spazio-tempo. Errore da matita rossa per uno studioso del cielo. Un’altra gaffe di nonna Hack è sul principio di indeterminazione, induce infatti a credere (per puri intenti filosofici) che il vuoto quantico sia equivalente al nulla. Commenta l’astrofisico: «la buona divulgazione non dovrebbe mai travisare od oscurare i risultati consolidati della ricerca scientifica, soprattutto quando, come in questo caso, il lettore medio non è in grado di valutare criticamente la correttezza delle affermazioni». Ne ha parlato ad esempio anche l’astrofisico italiano Marco Bersanelli, quando spiegava che «il “vuoto” quantistico primordiale può dare origine a una particella, e in linea di principio a realtà fisiche più complesse. Questo significa che il “vuoto” dei fisici è radicalmente diverso dal “nulla” del filosofo» (cfr Ultimissima 28/9/10). La Hack comunque «non è nuova nell’inventare spiegazioni “pseudoscientifiche”: in una trasmissione televisiva recente affermava che per deviare dal suo corso un asteroide sarebbe stato sufficiente farlo “attrarre” da una grossa astronave!». Forse anche le nozioni di meccanica celeste vanno riviste, commenta ironico. Qualche mese fa ha invece sostenuto che avrebbe spiegato ai bambini come il Big Bang sia solo una “grande scorreggia dell’Universo“. Il matematico de La Sapienza di Roma, Giorgio Israel, oltre a soprannominare questa teoria la “cosmopetologia di Margherita Hack”, ha mostrato le contraddizioni dell’affermazione.
Nella seconda parte dell’articolo apparso su Il Sussidiario, Benvenuti si concentra sull’ultima parte del libro della Hack, dedicato al proselitismo ateo. Lo fa in modo molto cortese e rispettoso, quasi in dialogo con l’ex scienziata. Accenna al fatto che «l’immagine del Cristianesimo che si è radicata nella sua mente, poco ha a che fare con il pensiero dei Padri della Chiesa e con la teologia attuale», sottolinea come in alcuni punti abbia inconsapevolmente gli stessi pensieri di San Tommaso d’Acquino (circa l’impossibilità di ogni contrasto tra conoscenza razionale della realtà e conoscenza per fede, ad esempio) e le dà atto per un’affermazione stranamente equilibrata e indice di un radicale cambiamento rispetto al passato. La Hack infatti riconosce ad un certo punto: «tanto il credente che il non credente non possono dimostrare scientificamente l’esistenza o la non esistenza di Dio, si tratta in ambedue i casi di fede, di risposta a bisogni personali diversi». Chiudendo l’articolo, l’astrofisico Benvenuti, parla dell’amore di cui la professoressa spesso racconta verso le stelle e l’universo, la sua famiglia, i suoi libri, il suo pubblico, i suoi gatti e anche il valore etico dell’essenza dell’annuncio cristiano (come ha ammesso più volte). Per questo la invita ad avere coraggio e «sollevare il lembo del velo d’amore che ci (e ti) ricopre, scopriresti che il Dio di cui neghi l’esistenza non è affatto il vecchio severo che attende impassibile in cielo di premiare i buoni e castigare i cattivi: è molto più vicino, qui ed ora».
Dobbiamo infine dare atto alla Hack anche del fatto che lei stessa si stupisce di quanto venga celebrata da una certa area sociale, non tanto per la sua ex-attività scientifica ma piuttosto per la sua posizione esistenziale. Di fronte alla recente richiesta della rivista Micromega (che caso, vero?) di nominarla senatrice a vita, la Hack ha infatti risposto con sorpresa: «È un onore, ma non credo di meritarlo, non ho scoperto nulla» (cfr. DireDonna 17/5/11).