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L’escursione #2 di Franz Krauspenhaar

Creato il 03 settembre 2010 da Fabry2010

L’escursione #2 di Franz Krauspenhaar

Io ci sarò, con tutto il mio entusiasmo
nel plotone d’esecuzione, fronte a Baricco.
Se occorre, sarò l’uomo del colpo di grazia,
perchè, che lo si creda o no, spingo alla carità.
Magari è una brava persona, magari striscia
soldi per i poveri. Però, lettori, anche mio zio
è una brava persona, ma non è uno sporco
criminale nazista della nostra letteratura.

Vorrei Enrico Mattei risorto mettere
a posto l’editoria, costruire marchi
in Algeria, Tunisia, Sicilia, sì, accanto
ai fuochi dei giacimenti. Libri forse
fatti con il sangue dell’oro nero,
il sudore delle miniere, l’estro di una
vita difficile. L’intelligenza della salita.

Vorrei la maggior parte degli agenti
e dei librai-star messi al sicuro al muro.
Non quello del pianto, quello del piscio.

A dare il comando per farli pisciar sotto
sarei io, in persona, con pistola giocattolo.

Del suicidio di Pavese non me ne frega
metà cazzo. L’altra metà punta la figa.
Brigata Guido Morselli PRESENTE!
Brigata Luciano Bianciardi PRESENTE!

QUALCHE MINUTO DOPO

Siamo bolliti in una nebbia che taglia
col machete degli editor più grezzi.
Tipetti basculanti sulle sedie pellate.

Thomas Bernhard piace agli scrittori,
ha fatto dei gran libri in mezzo
a strudel marciti di maniera.
Nei suoi occhi brillava demoniaco
il cuore degli austriaci, che dei deutsch
sono i più scaltri, i più infidi, come Hitler
comanda, e comandò.

Duerrenmatt mi fece amare il giallo
che era giallo a metà, era scrittura
di genio. Ora il giallo è per mozzi
di zattera, affoganti nell’ultima
spiaggia odisseica da reality.
Udita da vent’anni la stronzata
galaxy che il giallo e noir dipingono
i nostri mali sociali, come se tutti
indagassero con la pistola in mano.
Come i pazzi che si menano l’uccello
nei parchi.

Hemingway che noia, se non in Fiesta,
Morte nel Pomeriggio, Di là dal fiume
Altrimenti non la noti la grossa differenza
con chi scrisse la Love Story.

La tristezza di Pasolini, romanziere
che mai giunse alla prosa vettoriale
di Testori. Nella poesia Pasolini
dove lo trovi? uno più sporco e feroce
e raffinato, più amabile di graffi
e pugni di vero sporco amore?
Certi dicono che sia enfatico, come se
la poesia dovesse per forza raccontare
il buiolo pulito, la mutanda inamidata,
i miti alpini, le fantasia d’arcadia.

Bella la cara Merini, a volte da non resistere.
Facile da capire nelle sue lotte crude di pane,
le sue parole erano amaro miele della donna,
che puoi solo ammirare ferito dal suo caos.

Di tutti i poeti dell’ordinanza, che dettano
al superio con la misura, senza metterci
che forme d’un astio solo sopito, non so farci.

In Germania fu Boell a creare il varco,
evadere nel Dio era l’unico salvataggio
e la vergogna: era una lotta sfatta.
E non disse nemmeno una parola”.
Quale romanzo può dirsi d’amore
se non si tiene anche per poco
a quel titolo così di solitudine?
Due sposi negletti dalla fame del dopo
una guerra perduta, lo scampo era la vita.

Non sopporto la punta del cesello
che discrimina la fame dalla forza.
Siamo i figli di quel Balzac
delle “Illusioni perdute”, che son
certezza, almeno. Che c’illuda
di un’illusione d’accarrezzarsi.
Almeno. No, non è poco.

[Continua.]



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