Cavie involontarie più di 700.000 persone, utenti Facebook, che hanno partecipato ad un esperimento a loro insaputa.
Tra le feroci polemiche di moltissimi iscritti e risultati più o meno sorprendenti, la California University e la Cornell University hanno ottenuto importanti rivelazioni sull’empatia, su come l’uomo reagisce alle emozioni altrui attraverso le bacheche del social network che in questa occasione é stato definito ‘il più ampio studio sul campo nella storia del mondo‘ – Adam Kramer, membro del Data Science Team di Facebook.
L’esperimento, durato una sola settimana, era basato sulla modifica dell’algoritmo che regola i contenuti della home (la bacheca principale) e non sulle interazioni tra contatti. Alterando il suddetto algoritmo é stato possibile far scorrere in circa 700.000 home aggiornamenti di stato che fossero estremamente positivi o estremamente negativi, in modo da studiare le reazioni degli utenti ‘vittima’ divisi in due grandi insiemi a tale protrarsi di contenuti inseriti dagli amici o da siti di news.
Gli aggiornamenti non sono stati inventati ad hoc, gli utenti hanno potuto scrivere e postare ciò che realmente desideravano, soltanto, a seconda del gruppo di destinazione, sono stati oscurati per una settimana i messaggi di stato felici, speranzosi, soddisfatti o, nel caso del secondo gruppo, i contenuti tristi e malinconici.
É emerso dall’esperimento ‘emozionale’ che chi ha dovuto sopportare il susseguirsi di elementi tendenti al cupo e leggere uno dopo l’altro stati d’animo angosciati ha lentamente abbandonato il social network dimezzando le proprie visite e, al contrario, l’utente che ha letto buone notizie e racconti divertenti ha automaticamente inserito egli stesso contenuti allegri e gioiosi.
Empatia e contagio dunque, alla base delle nostre relazioni online, siamo psicologicamente vicini ai nostri ‘amici’ di Facebook molto più di quanto possiamo immaginare: essi influenzano le nostre giornate e i nostri umori quotidianamente e seppur nella dipendenza da social network, abbiamo capito che sappiamo anche allentare la presa quando ci sentiamo minacciati dalle infelicità.
Per quanto possa essere utile ottenere informazioni sulle reazioni emotive degli utenti al fine – chissà – di addurre ad un qualsiasi miglioramento delle condizioni di vita, le reazioni, quelle vere, sono state di furia e sgomento. Milioni di utenti sono stanchi di sentirsi controllati e oggetto di indagine antropologia senza aver dato alcun consenso, anche perché – siamo sinceri – non sarà di certo un’esclusiva questa che il buon Zuckerberg ha concesso alle Università USA.
Sono liberamente fruibili infatti tutti i ‘like’ che mettiamo, i luoghi che frequentiamo, gli spot che clicchiamo per non parlare della musica che ascoltiamo e la Tv che preferiamo.
La ribellione da ‘non sono una cavia da laboratorio‘ é abbastanza ipocrita.
Nello stesso momento in cui abbiamo iscritto la nostra persona al magico mondo di Facebook abbiamo spuntato – con leggerezza forse – le condizioni d’uso e privacy che, ci tengo a precisare, sono sempre disponibili se avessimo mai voglia di leggere qualcosa di interessante.