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l’Inuit e l’asilo

Creato il 20 settembre 2011 da Silvie

Lo scrivo un po’ di servizio, per rispondere alle tante e mail di solidarietà che sono arrivate sia sul blog che al mio indirizzo. E vi ringrazio. E non mi sorprende che l’argomento abbia suscitato tante reazioni.

Ecco la novità è questa.

Da giovedi scorso mi sta chiamando un numero sconosciuto. Io come gli amici ben sanno non rispondo mai ai numeri sconosciuti. Perché son sempre cazzi. Come dire. All’ennesima però, seccatissima e un po’ isterica ho risposto.

Il comune di Roma. Ma va? La stiamo chiamando da qualche giorno. Ah sì? La graduatoria è andata avanti. Ha vinto un posto all’asilo. Accetta?

In quel momento mi sono passate davanti cinquecento immagini, la bellissima scuola a via dei Coronari dove ci avevano preso, il giardino con le palme, le maestre, la mensa, le classi che sciamano nel corridoio. Certo dovevo dire addio al nostro posto, alle super ragazze che ci avevano accolto, e soprattutto iniziare il terzo inserimento.

Qualche secondo di silenzio. Poi ho detto sì, sì sì. Accetto! Come se l’impiegata dell’ufficio nidi mi stesse chiedendo di sposarla.

Ho esagerato forse con l’entusiasmo.

Abbiamo cominciato ieri. Mio figlio deve aver pensato che è il nuovo gioco di quest’anno cambiare scuola ogni settimana. Tipo nel week end penserà chissà dove mi porta domani mamma. Così oggi qui domani là. Visite domiciliari alle scuole di Roma.

E’andata bene ieri e oggi. L’Inuit è ancora un po’ sprucido che sto bambino è un po’ da scolarizzare come dice la maestra Concetta che sembra uscita da un asilo dei nostri tempi.

Ma lei  non sa le sorprese che gli riserverà il piccolo Inuit.:)

Intanto noi abbiamo vinto alla lotteria e trovato la pace.

P.S. Ovviamente tutte le maestre dolcissime e attentissime hanno pensato che l’Inuit fosse femmina, e ancora ogni tanto si riferiscono a lui come a una bimba. Secondo voi devo tagliargli i capelli?


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