La rete riesce a recuperare storie dimenticate da tempo, come quella dell’Isola delle Rose, una piattaforma artificiale costruita nel mar Adriatico, a largo delle coste riminesi, che tentò di dichiarare l’indipendenza dallo stato italiano. Se n’era persa la memoria finché l’interesse di alcuni internauti non ha permesso all’isola e alla sua storia di vivere una nuova vita. Virtuale.
L’Isola delle Rose in attività con motoscafo in attracco.
L’idea di costruire un’isola al di fuori delle acque territoriali italiane venne all’ingegner Giorgio Rosa, ideatore del progetto e futuro capo di stato della micronazione, caratterizzata da un’esistenza piuttosto breve: 55 giorni.
Siamo nel 1956. Rosa ha appena finito un lavoro in un cantiere edile, scontrandosi con un iter burocratico tortuoso. A questo, si aggiungono le sue considerazioni personali su un’Italia completamente asservita agli interessi americani. «Non potevi fare nulla che i politici non volessero», scrive in un memoriale intitolato «Il fulmine e il temporale di ‘Isola delle Rose’», redatto per una rivista inglese. «I preti, con le loro assurde teorie e le loro sette ti inchiodavano e volevano che tu non facessi nulla che a loro non garbasse; i comunisti cercavano di combattere i signori e di portar via loro, con la terra, anche la loro ragione di esistere; solo i politici, asserviti ai russi o agli americani, avevano un futuro». Le alternative individuate da Rosa sono due: trasferirsi in un paese indipendente – ma in ogni stato esistono poteri forti – oppure farne nascere uno.
Due anni più tardi, nel 1958, comincia lo studio per la realizzazione della struttura, poi tradotto nel brevetto per invenzione industriale n°1799/A/68. Oggetto del brevetto è un «sistema di costruzione di isole in acciaio e cemento armato per scopi industriali e civili». Il 15 e 16 luglio di quello stesso anno cominciano i primi sopralluoghi nel punto prescelto, denominato «Z», a circa 11 chilometri e mezzo a largo delle coste riminesi, in prossimità della Località Torre Predera, comune di Bellaria-Igea marina. La distanza dalla costa non è casuale: la legge italiana dell’epoca, il Regio decreto n°327 del 1942, fissava a 6 miglia nautiche [11,112 chilometri] il limite delle acque territoriali. Solo nel 1974 il limite venne esteso alle attuali 12 miglia nautiche. Il punto «Z», situato a una latitudine di 44° 10’ 49’’ e a una longitudine di 12° 37’ 20’’, era al di là del limite di almeno 500 metri. E, in questo modo, era anche al di là della giurisdizione italiana.
I lavori di costruzione dell’isola di acciaio durano fino all’agosto del 1967.
Francobolli delle quattro emissioni dell’Isola delle Rose
Il primo maggio del 1968 l’ingegnere Giorgio Rosa proclama uno stato indipendente sulla piattaforma in ferro da lui stesso costruita sei miglia al largo di Rimini, in acque internazionali. Nei mesi successivi, quel tratto di mar Adriatico di fronte a Torre Pedrera è al centro di un caso internazionale.
L’impresa di Giorgio Rosa suscita da una parte grandi timori, dall’altra sogni e speranze. Giornali e televisioni di mezzo mondo mandano i loro giornalisti a Rimini per indagare sulla neonata repubblica. I turisti intanto fanno la fila per salire sulle imbarcazioni a vela che organizzavano le gite in mare attorno alla piattaforma.
La lingua ufficiale adottata è l’esperanto e proprio in esperanto vengono contrassegnati i francobolli emessi dall’Isola delle Rose o, meglio, dal Libera Teritorio de la Insulo de la Rozoj.
Nel corso di quell’estate del 1968 anche il Parlamento italiano discute due interrogazioni presentate su quello che viene definito “il caso dello stato burletta nato nelle acque dell’Adriatico”. A un paio di mesi dalla proclamazione dell’indipendenza, le forze militari italiane occupano la piattaforma e proclamano lo stato di “embargo”. Ogni tentativo di Giorgio Rosa di salvare la piattaforma e il suo sogno si rivela vano. A Rimini arrivano gli uomini della Marina militare e, nel febbraio del 1969, l’isola scompare in mare.
Immagini, testo e video tratti da ricerche sul web