Negare sempre o comunque, attaccare i “nemici”, sembra la linea di condotta adottata e titanicamente perseguita in questi ultimi giorni dal Premier che spopola in tutti gli spazi televisivi. E ci pensa lui a parlare, anche nei programmi che già parlano di lui…a L’infedele su La7, condotto da Gad Lerner (spazio di informazione approfondita che tocca ogni settimana argomenti di attualità con molti ospiti in studio), nuovo, durissimo, attacco telefonico di Berlusconi contro le ”falsita”’ sul caso Ruby.
Il processo mediatico a lui dedicato, si apre con la riflessione legata alla sua assenza ai funerali di Alessandro Romani, il tenente ucciso in Afghanistan per motivi “strettamente personali” ( pare che proprio quella sera si tenesse una festa ad Arcore) e quasi in chiusura di trasmissione il capo del governo ha preso la linea e dopo un pacato ”sono stato invitato a sintonizzarmi su di voi” ha iniziato una lunga serie di improperi nei confronti della trasmissione – definita ”un postribolo televisivo” e sul conduttore. ”Ho visto una conduzione spregevole, turpe, ripugnante”, per finire invitando l’europarlamentare del Pdl, Iva Zanicchi, presente in studio (che peraltro accanitamente e per tutta la puntata aveva tentato una sua difesa), ad abbandonare il programma. Anche questo sembra uno stile distintivo adottato recentemente dei parlamentari del Pdl…

Non volendo schierarmi dall’una o dall’altra parte (in attesa che la giustizia svolga il suo compito), mi abbandono ad alcune riflessioni partendo dall’idea di potere che accompagna la scelta degli italiani che ancora credono e votano un “Berlusconi”. Egli suscita invidia nell’immaginario collettivo e di conseguenza consenso, avvalorando la formula postmoderna che lo “sciupafemmine e il conquistatore” sono concetti fortemente radicati nella mentalità italiana. I suoi eccessi suscitano ammirazione, nonostante le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che nell’intervento con cui ha aperto il Consiglio episcopale permanente ha lanciato un monito chiaro: ”La collettività – ha detto Bagnasco – guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale”. E ancora: ”Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”.

La situazione è amara e l’immagine di un “uomo di potere” che si rende “unico” e “indimenticabile” come un moderno sultano, dalla discutibile “generosità” continua a far durare nel tempo quei concetti di donna merce e di oggetto sessuale, che “ottiene”, grazie alla sua disponibilità opportunista. E ancora più pericolosa è la mancanza di indignazione, uno spartiacque fondamentale in questi tempi in cui l’immagine della donna sembra aver percorso a ritroso sentieri che si credevano ormai superati. Non è più una questione di costume: è una questione di sostanza.






