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La centralità del destino nelle opere di Daniel Pennac

Creato il 28 marzo 2011 da Sulromanzo

La centralità del destino nelle opere di Daniel Pennac“Io non controllo proprio niente, poiché niente è controllabile nella profusione dei mercanti del tempio. A meno di non moltiplicare per dieci gli effetti dei controlli. Dunque, quando arriva un cliente con una lamentela, vengo chiamato all'Ufficio Reclami nel quale ricevo una strapazzata assolutamente terrificante. Il mio lavoro consiste nel subire l'uragano di umiliazioni con un'aria così contrita, così miserabile, così profondamente disperata, che di solito il cliente ritira il reclamo per non avere il mio suicidio sulla coscienza e tutto si conclude in via amichevole, con il minimo dei danni per il Grande Magazzino. Ecco, sono pagato per questo. Profumatamente, per altro.”

Con queste parole Benjamin Malaussène, tra i più conosciuti personaggi letterari nati dalla genialità di Daniel Pennac, tenta di spiegare la propria funzione all'interno del Grande Magazzino per il quale lavora. Questo estratto da Il paradiso degli orchi, primo libro della saga di Malaussène, introduce alla bizzarra professione di capro espiatorio del protagonista, ma è soprattutto con la prima frase che lo scrittore francese ci rimanda a un tema che per lui diventerà ricorrente nel corso degli anni e delle sue varie opere: il destino.

La centralità del destino nelle opere di Daniel Pennac
Nel saggio Come un romanzo, alcuni anni più tardi, Pennac elenca i diritti imprescrittibili del lettore e tratta il problema di avvicinare i giovani alla lettura. Sottolinea in ogni passo il piacere di leggere, ma precisa comunque che (parafrasando una sua affermazione) “la lettura non offre all'uomo alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui.”

In Ecco la storia Pennac ritorna sul tema, ribadendo l'impossibilità di sottrarsi al destino. Il protagonista del romanzo, Manuel Pereira da Ponte Martins, dittatore di un piccolo Stato, cerca con ogni sua forza di impedire che l'infausta profezia di una maga si avveri, senza tuttavia riuscirci.

In La lunga notte del dottor Galvan, racconto grottesco ed esilarante, il personaggio principale è ossessionato dal destino, e viene perseguitato da esso attraverso degli strani biglietti da visita, spassosi per il lettore ma vissuti con angoscia da Galvan.

Nel più recente saggio Diario di scuola, sempre senza rinunciare alla sua proverbiale e distintiva ironia, l'autore fa una disamina del punto di vista degli studenti, degli insegnanti e dei genitori, mescolando più leggeri tratti autobiografici a solide esposizioni socio-pedagogiche. Ma anche qui c'è l'ombra del destino; il suo, in questo caso, ovvero quello che gli avevano prospettato taluni ai tempi della scuola, quando lui, figlio di professori, viveva sconfortanti risultati scolastici in maniera fallimentare.

“La cosa che ci insegna il futuro, quando diventa passato, è che le cose non vanno mai come prevediamo” recita una frase dell'opera appena citata. È dunque il destino il leitmotiv di diversi scritti di Daniel Pennac, scrittore sopraffino, dotato di grande versatilità, capace di far riflettere e allo stesso tempo di lasciare sempre un sorriso sulla bocca di chi legge. Quest'ultimo è forse il merito più grande del talento di Pennac: trasmettere al lettore ogni volta qualcosa di importante, significativo nella vita, senza alcuna pesantezza. Prendiamo il destino, per esempio. Dovrebbe essere, in teoria, un argomento amaro, soprattutto se lo si considera dal lato della sua inesorabilità. Ma con Pennac, grazie al suo immancabile umorismo, tutto assume un'impronta più divertente. Tutto, compreso il destino.


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