C’è sempre un posto in cui rifugiarsi, un luogo immune alle vicende dell’esistenza. Il nostro punto all’orizzonte fra mare e cielo.
È il richiamo della vita, il luogo sacro in cui fare a pugni con i tuoi diavoli rinnegati. È la nostra Itaca sfuggita alle bufere. È Atlantide che emerge dalle acque.
È un regno piccolissimo senza re e senza regine, insignificante agli occhi dei passanti, è l’inchino degli attori della compagnia di Capitan Fracassa. È il sentiero poco battuto, la piazza di un paese abbandonato il giorno della festa del santo.
C’è un luogo senza specchi in cui parli con te stesso guardandoti negli occhi, è il luogo in cui ti spogli del peso delle angosce e lasci correre il tuo spirito a piedi nudi sulle macerie dei pensieri. È il luogo in cui i fondali sono profondi e sei costretto a nuotare con bracciate più rabbiose.
C’è un posto senza nome in cui guardare le tue mani cariche di vene. Dove il tempo si è fermato e tutto è esattamente come lo ricardavi. Dove non ci sono pareti da buttare giù a spallate e i tuoi occhi acquosi di tristezza cercheranno un cielo alternativo.
È il teatro dove poter ascoltare il nostro silenzio nero come il culo dell’inferno. È la trincea dove poter curare le speranze mezze uccise dalla vita.
C’è un angolo nascosto in cui poter stare con le spalle al muro senza il plotone che carica il fucile, dove l’aria è più leggera e puoi vedere le tue paure in controluce. È l’ultima boccata forte prima di un’apnea al sapore d’infinito.
C’è un posto un po’ distante dove andiamo di nascosto per potersi raccontare. Un posto in cui commuoversi o sognare, arrabbiarsi o meditare.
C’è un posto trasparente in cui lasci fuori i tuoi abiti di scena, un posto senza indicazioni, senza coraggio da dimostrare, senza pugni in tasca da sferrare. Un posto senza rabbia da ostentare, senza lacrime da occultare, senza colpe da espiare. Senza segreti da custodire.
Il mio rifugio ai bordi del mondo si trova alla fine di un sentiero, un sentiero non troppo lungo, di quelli che percorri volentieri, in cui non ti lamenti per l’affanno. Non è un sentiero troppo breve, di quelli che non ti danno il tempo di apprezzarne l’odore. E’ di una misura indefinita, perfetta, come se fosse la giusta distanza delle cose, la giusta durata delle emozioni. Che se fossero più lunghe ne perderemmo il senso, il gusto sul palato. Alla fine del sentiero si apre una spiaggia smisurata, di quelle i cui confini sono solo un’intuizione. Sta ferma lì senza fiatare, come fosse una donna in attesa del tuo arrivo. Quel mare che le respira addosso è solo una normale conseguenza. Sovrastata da quel cielo immobile che non ha intenzione di lasciarla sola. Abbagliata da quel tramonto sfacciato che la invita a cena e le infila le mani sotto la gonna. Quando sono lì non posso fare altro che trovare un motivo vero per non morire più.
C’è sempre un punto all’orizzonte fra mare e cielo, ecco, è lì che ci troverete quando deciderete di scoprire chi siamo veramente. Fate con calma, noi non ci stancheremo di aspettare.
“C’è un luogo dove la pace della natura filtra in noi come la luce del sole tra gli alberi. Dove i venti ci comunicano la loro forza e gli affanni si staccano da noi come foglie. Non è difficile arrivarci: basta guardarsi dentro ed avere un cuore pulito.”(Romano Battaglia,)
Sono qui, con le braccia spalancate, a percorrere il sentiero, voi mirate dritto al cuore, se vi fa sentire meglio, non esitate a fare fuoco. Resterò immobile a godermi il rumore degli spari. (Bang Bang – Nancy Sinatra)
Ringrazio il Blog di una donna stressata per il suggerimento della canzone.