Ogni genitore e ogni bambino cerca la propria strada, ma non è facile e, soprattutto, non si finisce mai di cercare il modo giusto di parlarsi, di incontrarsi. Perchè i figli crescono, perchè gli argomenti diventano più difficili, perchè ci sono percorsi diversi che non sempre possono trovare un facile punto d’incontro. Però, come genitori e come figli, se sentiamo che ci sono fiducia, rispetto e voglia di ascoltare, continuiamo a provarci finchè quel punto d’incontro non arriva. Anche quando quel punto di incontro è il silenzio, l’ascolto.
Marzia e Alessandro ci raccontano un pochino della loro storia. Il resto lo trovate nella loro calda casa virtuale, L’ascia sull’uscio. Marzia ringrazia il blog per i suggerimenti, e sa quanto io sono grata a lei perchè le sue condivisioni sono storie che scavano e scavano…
L’ascia sull’uscio
Durante una noiosissima riunione in ufficio mi sono ritrovata a scrivere una parola che mi sta parecchio a cuore. E ne è uscita una cosa del genere:
COMUNI-C-AZIONI
Mi sono stupita di veder nascere un concetto diverso ma altrettanto importante.
Insomma per riuscire a codificare e decodificare i nostri reciproci messaggi è necessario trovare “azioni comuni” per comprendersi realmente. Lo so che l’etimologia è diversa ma questa interpretazione mi piace davvero molto.
Mio figlio ha sempre avuto difficoltà nel comunicare, soprattutto con i suoi coetanei. Come lessi in un libro qualche anno fa, lui è un “pensatore in bianco e nero in un mondo grigio” e questa mancanza di flessibilità crea parecchi malintesi. Succede che frasi dette in perfetta buona fede lo facciano esplodere incomprensibilmente così come concetti neutrali, se espressi da lui, lo rendano terribilmente antipatico (per non dire offensivo).
Il nostro standard di comunicazione “inefficace” per diverso tempo è stato:
Io-parole & Alex-numeri\lettere
Io-emozioni libere & Alex-rabbia\paura
Io-libri & Alex-libri
Quindi l’unico terreno su cui riuscivamo a trovare un vero incontro era la parola scritta.
Grazie a Baby Talk ho provato a spostare l’attenzione dalle conseguenze (le nostre reciproche reazioni) alle possibili cause e sono arrivata a capire che probabilmente per mio figlio il normale processo di apprendimento sottile del linguaggio non ha funzionato come accade di solito. Le ragioni potrebbero essere diverse, ne sto vagliando alcune, ma il punto resta il medesimo: devo riuscire ad entrare in questo mondo privo di sfumature e provare a tinteggiare i dettagli.
E allora la nostra modalità di comunicazione sta lentamente variando in:
Io-silenzio & Alex-parole
Io-emozioni spiegate & Alex-condivisione
Io-libri & Alex-libri
La miglior scelta – durante i momenti di peggiore incomunicabilità – appare proprio il silenzio. Perché nel silenzio si ascolta, perché nel silenzio si sospende il giudizio.
La strada per la vera comunicazione è solo all’inizio ma finalmente mi sento fiduciosa.
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