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La condizione dei giovani italiani peggiora, ma loro non si arrendono

Creato il 21 marzo 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlog

La condizione dei giovani italiani peggiora. Ma loro non si arrendono.
di David Incamicia |
In Italia, a causa della crisi economica, trovare un’occupazione per i giovani è sempre più difficile. La mancanza di un lavoro stabile e l’incertezza sul futuro costringono infatti la metà dei trentenni a continuare a vivere con i genitori. Da un'indagine dell’Osservatorio Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori), emerge che il 47,7% degli italiani di sesso maschile di età compresa tra i 25 e i 34 anni vive ancora con i genitori. Si tratta di una delle percentuali più alte registrate in Europa. E la situazione migliora solo di poco per le donne: secondo i dati dell’Osservatorio, la percentuale di donne tra i 25 e i 34 anni che non ha ancora lasciato la casa dei genitori è pari al 32,7%.
Rispetto agli altri paesi dell’area euro l’Italia è al quinto posto nella graduatoria degli uomini e al sesto posto in quella delle donne. In Francia, ad esempio, la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni che vive ancora a casa dei genitori è pari al 13% per gli uomini e all’8% per le donne.
Il motivo principale per il quale i giovani trentenni non decidono di vivere da soli o di crearsi una famiglia, come appare del tutto ovvio ed evidente, è da ricondursi principalmente alla difficoltà di trovare un lavoro e di conseguenza di poter mantenere una casa. La crisi economica, aggravando ancora di più la situazione del mercato del lavoro, ha sicuramente inciso sulla decisione dei giovani di restare a casa con i genitori.
Più in particolare, da una parte la partecipazione all'attività produttiva è rallentata da una formazione più lunga e dall'altra i giovani "millenialis" (quelli che hanno compiuto 18 anni dopo il 2000) che entrano nel mondo del lavoro trovano una situazione molto diversa da quella delle generazioni precedenti. Si è infatti irrobustita la barriera in ingresso e la domanda di lavoro è spesso instabile.
Dall'analisi si evinche pure che solo il 41,5% dei giovani tra i 18 e i 29 anni si dice disponibile ad accettare qualsiasi tipo di lavoro, una quota che scende al 18% per i laureati. Inoltre, quasi il 29,1% rifiuterebbe una proposta che prevede il trasferimento. Non a caso, su dieci under 30 che hanno ricevuto un'offerta nei 30 giorni precedenti alla rilevazione quattro hanno rifiutato.
Che nel nostro Paese manchi una vera e propria "cultura futurista", che induca cioè le istituzioni e le aziende ad investire nelle nuove generazioni, si ricava anche dalla sostanziale differenza fra le politiche di impresa attuate dalle multinazionali estere che hanno sede in Italia rispetto a quelle nazionali. Mentre il 30,8% delle multinazionali estere, infatti, ha aumentato nell'ultimo anno le risorse per la formazione, tra le imprese italiane solo il 21,2% ha fatto altrettanto.
Se si crede però che i giovani rimangano indifferenti davanti ai risultati delle varie indagini demoscopiche che ne tratteggiano il futuro a tinte fosche, o che accettino svogliatamente la loro condizione attuale di "bamboccioni per forza", si commette un grosso errore. Il prossimo 9 aprile ci sarà una grande manifestazione di piazza dei giovani precari e disoccupati, a Roma ma non solo. Tema dell'iniziativa, promossa dall'associazione Il nostro tempo è adesso, ricalcherà quello della manifestazione delle donne dello scorso 13 febbraio: “Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta”.
L’iniziativa, seppur supportata logisticamente da alcune sigle sindacali e coordinata assieme ad altri organismi come l'associazione Giovani non +, sarà l'occasione per rinfacciare ai sindacati stessi il ruolo negativo da loro assunto nell'evidente conflitto generazionale che è venuto a determinarsi nel nostro Paese, con gli adulti ed anziani supergarantiti da un lato e la generazione dei superprecari dall'altro.
“Questo grido è un appello a scendere in piazza - si legge nel manifesto degli organizzatori - a chi ha lavori precari, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia”. Fra i promotori, oltre agli studenti universitari protagonisti dell'Onda del dicembre scorso, ci sono anche imprenditori, giornalisti, avvocati, precari dello spettacolo, operatori di call center.
In piazza, però, scenderà anche chi è fuggito all’estero e da lì, con rabbia, rimpiange di non aver potuto avere gli stessi successi in patria. Si stima che siano circa 100 mila i giovani cervelli costretti a cercare fortuna fuori dei confini nazionali.
“Ci siamo stancati - si legge ancora nel sito dell'associazione - che a parlare dei giovani e dei precari siano sempre persone che non sono né l’una né l’altra cosa. Adesso tocca a noi rivolgerci direttamente alla generazione che sta condizionando le nostre vite, ai sindacati che solo ora cominciano a occuparsi di noi e alla politica che, però, sembra avere ben altre priorità”. E' la sfida dei "senza futuro" all'egoismo degli adulti, per provare a scongiurare il suicidio demografico dell'Italia.


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