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La dittatura del bere comune

Creato il 24 settembre 2012 da Theartship

 

Vincenzo B. Conti. Nell’intreccio della relazione urbana dove cittadino è chi resta passivo fruitore del bene pubblico e dell’ordinario, il benessere diventa un prezioso scrigno dove preservare l’intimo e familiare dominio della propria esistenza. La politeia tutelata dal nume del demos scompare lasciando terreno fertile al vorace untore dell’occhio totalitario di un grande fratello interiore e prepara l’avvento di un unico popolo indistinto privo di guida. The New Public. Una nuova dimensione pubblica e un nuovo pubblico, mostra a cura di Rein Wolfs con30 opere tra installazioni, sculture, video, disegni e performance realizzate dai quattordici artisti in mostra: Nina Beier, Rossella Biscotti & Kevin van Braak, Valentin Carron, Matias Faldbakken, Petrit Halilaj, Christian Jankowski, Klara Lidén, Helen Marten, Danh Vo. Juliette Blightman, Erik

van Lieshout e Metahaven, San Keller.

La dittatura del bere comune

Rara avis in terris, sosteneva il poeta latino Giovenale per sottolineare la rarità  tra gli uomini di lodevoli virtù morali: valori difficili da incontrare e per questo apprezzatissime. E così anche vini e vitigni non comuni sono ambiti da intenditori, dal pubblico e da produttori appassionati che aspirano all’elaborazione di una denominazione di vino preziosa, affidandosi ad un accurato lavoro nella produzione dell’ etichetta. Così, prodotti considerati di nicchia per la grande distribuzione, a volte diventano importanti(perfino leggendari) per esperti e cultori enologici, ancor di più se peculiare non è solo il vitigno ma anche la vinificazione, il clima e il terreno.  Questo da origine a prodotti come il Nieddera dell’azienda vinicola Contini Attilio in Sardegna, dove i grandi vitigni vermentino e cannonau si assicurano le massime onorificenze del panorama enologico italiano: le restanti produzioni, poco note al grande commercio, non sfuggono fortunatamente all’attenzione dei degustatori delle più importanti guide enologiche italiane ed estere. Il Nieddera prende il nome dall’omonimo vitigno autoctono della zona della valle del Tirso (I.G.T.) coltivato unicamente da Attilio Contini; il terreno è prevalentemente sabbioso e il clima, con inverni miti, ha precipitazioni molto rade ed estati calde, che conferisce una resa per ettaro molto bassa ma di alta qualità per -quasi- ogni vendemmia. Questo vino, nella sua versione rosata, trae le sue caratteristiche di pregio non solo dall’ambiente che lo ospita ma anche da una particolare fermentazione del mosto: pigiatura e pressatura soffice e fermentazione previa macerazione della bucce per 12 ore, che le conferisce il tipico colore rosato tenue con leggeri riflessi violacei. Nel profumo delicato e intenso si riconoscono prevalentemente i sentori primari del vitigno che regalano frutti e fiori freschi: secco, vivace ed equilibrato al palato, ha una forza alcolica che raggiunge i 12%vol.. Si accompagna a piatti di mare come zuppe e grigliate e a piatti di carne preferibilmente bianca. Se pur unico, il Nieddera Rosato si può trovare, non facilmente, nelle enoteche nella sua produzione 2010 ad un prezzo facilmente abbordabile per qualsiasi tasca.


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