L’atto veramente rivoluzionario di Matteo Renzi è stato sdoganare la faccia da culo a sinistra. Muore Nelson Mandela? Lui ‘posta’ la foto di lui a fianco del leader sudafricano. C’è da catturare il voto dei giovani? Si veste come Fonzie e si fa fotografare con il giubbotto di pelle. Va di moda il sindaco ambientalista? Eccolo che va al lavoro sorridente in bicicletta.
Enrico Berlinguer (1922-1984), storico segretario del Partito Comunista Italiano.
Si tratta di immagini palesemente ruffiane, che attirano la presa in giro, preparate e diffuse ad hoc, secondo una modalità decisamente contraria all’”aplomb” storico della sinistra (pure un po’ palloso, va detto). Ve lo immaginate Berlinguer, ma anche Bersani, vestito come Fonzie? Impossibile. Eppure Renzi fa tutto questo e lo fa con la massima disinvoltura e faccia da culo, senza pudore e senza vergogna. In questo senso, è assolutamente “berlusconiano”. Non è il solo del resto: forse non usa lo stesso schema Grillo che attraversa lo stretto di Messina a nuoto o Letta che, in Parlamento, cita i Tiromancino e Ligabue?
E cosa comunicano, fra l’altro, questi atteggiamenti spudorati? Proprio come il “senza-vergogna” Berlusconi, comunicano una grande fiducia in se stessi. Come a dire: a me non importa nulla di ciò che pensano gli altri, io voglio farmi fotografare vestito da Fonzie e lo faccio. Punto e basta. E non c’è nulla che attiri e susciti più consenso del mostrare estrema fiducia in se stessi, anche se con atteggiamenti un po’ da commediante.
Nessuno, a sinistra, aveva mai osato tanto. Qualche accenno da Veltroni, ma mai in maniera così sfacciata. Forse perché non era nelle sue corde o forse semplicemente “perché non si fa” e basta, pensando che la “berlusconata” dovesse necessariamente coprire il nulla. Si racconta che quando, nel 1960, con il programma “Tribuna elettorale”, la politica sbarcò in TV, i politici erano restii a farsi dare il cerone prima di andare in onda, perché consideravano il trucco come proprio degli attori e dei commedianti, da cui i politici si sentivano diversi e con i quali non intendevano confondersi.
Apicella e Berlusconi ai tempi d’oro…
Anche se non più con la logica del 1960, la sinistra (il PD per intenderci) si è sempre trovata spiazzata e perdente di fronte a Berlusconi; perché ha sempre dato per scontato che, nella battaglia politica, l’arma della “faccia da culo” fosse considerata “non convenzionale”, così come avveniva, appunto, ai tempi delle sfide elettorali tra Togliatti e De Gasperi o tra Berlinguer e Fanfani (o Moro o anche lo stesso Andreotti). Invece Berlusconi ne ha fatto ampio uso, spostando sempre un po’ più in là il limite della vergogna, sfoderando sorrisi quando non c’era niente da ridere, facendo proclami palesemente falsi, inscenando commedie ridicole, vantandosi d’aver vinto Coppe dei Campioni, stringendo la mano con la massima disinvoltura a chi aveva appena smerdato, smentendo se stesso nell’arco di poche ore, facendo le corna nelle foto di gruppo del G8, ecc. ecc. .
Come accaduto in tanti altri contesti, la sinistra ha lasciato campo libero a Berlusconi, rifiutandosi sdegnosamente di considerare che almeno alcuni strumenti di comunicazione politica fossero cambiati, non riuscendo mai però a costruire un cammino proprio e convincente. Come se la tua ragazza se ne va con un altro che ha una bella macchina ed il vestito elegante, e tu reagisci affermando che non è con le automobili e i vestiti che si conquistano le ragazze, e poi però passi tutto il tempo a parlare di quell’altro, vestendoti male per distinguerti da lui, senza valorizzare e concentrarti sui tuoi aspetti positivi. Il messaggio che mandi è: sono insicuro di me stesso e dei miei argomenti e, forse, sotto sotto, credo anch’io che un bel vestito possa aiutare, ma ho una gran paura di non sapermi vestire adeguatamente.
Matteo Renzi è nato a Firenze l’11 gennaio 1975
Con la sua faccia da culo, Renzi sceglie invece di appropriarsi del modo di comunicare che Berlusconi ha introdotto, come una bomba atomica, sulla scena politica italiana. Ed è anche per questo che Renzi è così inviso a tanti rappresentanti dello zoccolo duro del PD: perché ne mette in discussione le impolverate, bolse strategie comunicative costringendo chi lo ha guidato finora (quasi sempre alla sconfitta) ad interrogarsi sui propri errori.
Come sottolineato in un nostro articolo di qualche tempo fa, con una metafora un po’ volgare ma efficace, in un partito di persone imparanoiate dal pensiero di essere “impotenti” e che dunque lo diventano veramente, Renzi “lo tira fuori”. Con atteggiamenti eccessivi, “berlusconiani”, ruffiani, ma lo fa. E, forse, dopo 20 anni di “astinenza”, è quello che ci vuole. Poi, ovviamente, bisognerà verificare se sarà capace di “copulare”, ossia se dietro a queste belle immagini e slogan su cui è spesso impossibile essere in disaccordo, ci sia effettivamente una sostanza e la capacità di cambiare un paese immobile, vecchio, impaurito. Questo è il famoso “altro paio di maniche”. Tuttavia l’equazione “berlusconate” = il nulla è forse figlio di vent’anni di berlusconismo. Non è detto che debba per forza valere anche per Matteo.
Ma, anche ammettendo che Renzi abbia la capacità e l’intenzione di “cambiare verso all’Italia”, deve tenere a mente che dovrà farlo a Roma e non a Firenze, dove si poteva pedonalizzare piazza Duomo in un pomeriggio dopo millenni di discussioni sterili. A Roma, e per “Roma” intendiamo l’Italia nel suo senso più ampio, dovrà confrontarsi con posizioni salde dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, apparati e consuetudini che hanno resistito anche al fascismo, muri di gomma in piedi da millenni. Non sarà sufficiente Fonzie: ci vorrà Superman.