«Fashion doll» è una bambola fabbricata in Cina e importata in Italia dalla ditta Cigioki di Martinafranca (Taranto).
E’ una delle bambole più vendute e conosciute in Italia, e proprio per questo, forse, la «Fashion doll» entrata in un'inchiesta della procura di Torino fa tanto discutere.
Le analisi ordinate dai carabinieri del Nas hanno accertato - in particolare sul volto - una quantità eccessiva di ftalati, sostanze chimiche plastificanti che possono essere nocive per la salute. Il Ministero della Salute ha già ordinato il ritiro del prodotto dal territorio nazionale.
Al vaglio del procuratore Raffaele Guariniello, che procede per violazione del codice del consumatore e ha già cominciato la procedura per iscrivere alcune persone nel registro degli indagati il comportamento dell'Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli (Iisg) e quello di un'azienda lombarda che opera nel campo della certificazione dei prodotti per l'infanzia e che ha rilasciato alle «Fashion doll» il marchio di conformità Ce.
Il problema è che l'Istituto, secondo quanto è emerso finora, avrebbe svolto solo alcune analisi, trascurando di approfondire la presenza degli ftalati.
Ma dall'Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli (Iisg), fanno sapere che:
« L'Istituto precisa che non ha rilasciato alcun marchio di conformità CE al giocattolo e alcun certificato che attesti la sicurezza dello stesso ma è stato solo incaricato dall'importatore di eseguire alcune prove relative alla conformità alle norme della serie EN 71 che non contemplano l'analisi degli ftalati. Le prove relative alla rispondenza al Regolamento (CE) 1907/2006 REACH, che includono la verifica della presenza di ftalati, non sono state eseguite in quanto le stesse non ci sono state commissionate dall'azienda importatrice.Precisiamo che l'Istituto, nelle sue funzioni e compiti, non ha la possibilità di imporre alle aziende l'esecuzione di specifiche indagini analitiche. L'Istituto, inoltre, smentisce in modo categorico di essere indagato».
Le analisi ordinate dai Nas sui campioni prelevati nel Torinese hanno accertato una percentuale di ftalati («del tipo Dehp») pari al 20% a fronte di un regolamento dell'Unione Europea che impone di non superare lo 0,1%.
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