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La filosofia Ikea applicata ai libri

Da Marcofre

Siccome la letteratura al giorno d’oggi viene considerata una materia “comprensibile”, e riproducibile, succede che buona parte dei libri non si occupano affatto di letteratura.
Strano vero?
Per fortuna, la letteratura non è una materia.

Per rendersi conto di come questo errore abbia raggiunto forza, e sia considerato una verità che non ha nemmeno bisogno di verifiche, basta guardarsi attorno.
Di solito una storia (di un racconto o di un romanzo, non importa), è tale se c’è una semplice successione di eventi. Non sempre d’accordo, ma diciamo per amor di brevità che è così. Il rischio è di ridurre tutto a una specie di cronaca. Aggiungiamo una scrittura più o meno corretta, e abbiamo un libro. E un libro cos’è? Letteratura!

Questo è accaduto negli ultimi anni, perché il modello anche culturale ha proposto, e poi imposto, che il libro è solo un elemento della catena produttiva. Non molto differente dallo shampoo, dai mobili Ikea. Buona parte dei libri che vanno per la maggiore, sono prodotti seguendo la filosofia Ikea.

Prendi un po’ di materiali, quelli che vanno per la maggiore. Cosa dicono i trend del mercato? Di che si parla? Che cosa vuole la gente? Bene, procuriamoceli allora. Poi occorre assemblarli seguendo le istruzioni. Ricordati che il lettore è il tuo re e signore e non devi sfidarlo, ma assecondarlo sempre e comunque. Non avere grosse ambizioni ma bada a trovare il tuo mercato e a restarci. Incrocia le dita e sarai un autore. Non è fantastico?

Non lo è per nulla, ma stavolta proviamo a spostare l’attenzione su chi legge.
Se gli diamo in mano da leggere il racconto “La briglia” di Raymond Carver, cosa ne penserà? Quale sarà il suo giudizio?
Forse positivo, forse negativo: i gusti sono gusti. C’è però dell’altro e credo sia quella faccenda chiamata: la capacità di andare oltre le apparenze. In fondo ci sono due tipi di scrittori.

Quelli che scrivono; e quelli che scrivono per andare a scoprire quello che si nasconde dietro le forme. Perché lo fanno, dal momento che sarebbero in grado di scrivere e basta, e di fare persino più soldi?
Immagino abbiano scelto, e deciso. Un bel dì si sono accorti che non solo c’erano delle storie da raccontare, ma che ogni storia nascondeva dietro i gesti, gli sguardi e i dialoghi, un’altra storia che rimandava a significati più nascosti.

È abbastanza chiaro (almeno per me), che l’impegno di chi scrive in questa maniera è destinato a essere incompreso dai lettori. Sarà grasso che cola se si riuscirà a racimolare dei giudizi quali “Carino” oppure “Bello”.

Già: non basta leggere per capire, occorre re-imparare a leggere. Ma non perché lo scrittore scriva in maniera astrusa, per pochi eletti. Lui parla di noi, non per farci un favore, ma per ricordarci che c’è molto di più in gioco. Mentre tutto attorno a noi sembra biascicare che ogni cosa può essere spiegata, ridotta a una serie di semplici regole da assimilare senza difficoltà, lo scrittore dice “NO”.
Non è un bastian contrario. È solo una persona che ha capito.


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