La Finale 2012 dei playoffs NBA mette a confronto sullo stesso parquet le squadre vincitrici delle rispettive conference e le analogie tra queste due squadre sono davvero tantissime.
Innumerevoli sono i matchup chiave, ed in ogni ruolo è aperto un duello decisivo che farà pendere la bilancia da un lato anzichè dall’altro.
Ed è inevitabile che in queste Finals a spostare gli equilibri oltre alle giocate individuali/collettive del gruppo, fondamentale è l’attività di coordinamento dalle due panchine, compito affidato ad Erik Spoelstra coach dei Miami Heat e Scott Brooks allenatore degli Oklahoma City Thunder.
Per Spoelstra l’occasione di riscattare la delusione della sconfitta patita nelle finals ad opera dei Mavericks si è ripresentata esattamente un anno dopo, ma per issarsi a vincitore dovrà affrontare diverse scelte delicate e decisive.
In primis l’head coach degli Heat ha cercato a più riprese di presentare sul parquet un lineup in grado di dimostrarsi vincente, prima senza Chris Bosh (infortunatosi in gara-2 delle semifinali contro Indiana) e poi con Bosh attuando la scelta di schierare LBJ in posto 4 e Shane Battier come ala piccola.
Per fornire qualche numero si può osservare come Miami abbia cambiato quintetto ben 25 volte e lo starting five con cui gli Heat hanno giocato più partite in regular season, quello cioè con Joel Antony in da 5, non ha ancora avuto un singolo minuto d’impiego in queste finals.
Nella partita a scacchi delle Finals, “coach Spo” è riuscito a proporre quegli aggiustamenti decisivi nel devastante inizio di gara-2, fondamentali per espugnare la Chesapeake Energy Arena, fortino mai caduto prima nel corso di questi playoff.
Va detto però che sopratutto nei possessi decisivi, Miami è tornata al basket di isolamenti, e questo in vista dei prossimi match alla “triple-A” potrebbe essere un problema non da poco.
Per coach Scott Brooks invece quella di quest’anno è la prima apparizione alle Finals NBA, come per i suoi Thunder d’altra parte. OKC arriva alla finale dopo aver schiacciato i San Antonio Spurs del genio Gregg Popovich, vittoria che almeno nei primi due episodi della serie sembrava tutt’altro che ineluttabile.
In quella occasione la mano del coach dei Thunder si è vista eccome, e sfruttando il doppio match sul parquet amico i giovani Thunder hanno corretto l’attitudine di mandare al tiro i soliti noti (KD e Westbrook) implementando un gioco corale a cui hanno preso parte un pò tutti.
Ma nei primi due episodi delle finals i Thunder stanno ripetendo gli stessi errori commessi contro SA: Kevin Durant ha piazzato 17 e 16 punti nell’ultimo quarto di gara-1 e 2, ma non possono sempre bastare visti gli inizi di partita scellerati che OKC continua a proporre.
Per di più Westbrook tira con il 40% al tiro (20/50 fin qui nella serie), e pur in un miglioramento generale delle sue scelte, i suoi tanti tanti (troppi) tiri spesso forzati tolgono chance al tiro da parte di altri interpreti.
A tutto questo va poi aggiunto il rendimento sottotono di Perkins, in difficoltà contro lunghi mobili come quelli di Miami; qui toccherà proprio a Scott Brooks studiare un quintetto per i finali di partita, magari puntando di più su Ibaka con i quattro esterni. Sfruttare la presenza di Lebron in ala grande (con il conseguente rischio di caricarsi di falli) potrebbe essere il viatico giusto per limitare l’esplosione offensiva degli Heat.
In una finale così incerta ed equilibrata, entrambi gli allenatori hanno il loro bel da fare, ognuno alla ricerca dell’equazione in grado di garantire la vittoria.
Coach Mike Krzyzewski disse “In una stagione potrò prendere 2 o 3 decisioni che cambieranno l’esito di una partita, in allenamento invece sono a decine“. Spo, Scoot, questo è il vostro momento!