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La Francia processa un genocidario rwandese

Creato il 05 febbraio 2014 da Dragor

 

Pascal

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   Il presunto genocidario

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  NON E’ MAI  TROPPO TARDI per rifarsi una verginità (o meglio tentare di rifarsela, perché per quanto riguarda la politica africana la povera Marianne è più sfondata di una vecchia puttana e non riuscirebbero a ricostituirle un imene nemmeno tutti i chirurghi di Casablanca).  20 anni dopo il genocidio rwandese, la Francia giudica un presunto genocidario, Pascal Simbikangwa , accusato di “complicità in genocidio e in crimini contro l’umanità.” Sicuro, Pascal è un imputato ideale. E’ quello che si dice un “pesce piccolo”,  così non ci sarà pericolo che denunci la Francia per il suo sostegno dapprima alla dittatura di Juvénal Habyarimana, poi al governo interimario seguito alla morte del dittatore. Il governo che ha promosso il massacro di 1 milione di Tutsi. Malgrado i ripetuti dinieghi e le promesse per l’avvenire, la Francia sta ancora praticando lo sporco doppio gioco della Françafrique. Da una parte si finge amica del Rwanda , al quale in realtà non ha mai perdonato la sconfitta militare che le ha inflitto il FPR. Dall’altra traffica sottobanco per rovesciare il governo di Paul Kagame e ristabilire l’ancien régime. Nella regione del Kivu, dov’è alla guida della MONUSCO,  appoggia e arma tutte le milizie anti-rwandesi, in particolare le FDLR (Forces Démocratiques de Libération du Rwanda), composte da genocidari e dai loro amici. L’Operazione Turquoise, l’infame operazione “umanitaria” lanciata dalla Francia  nel 1994 con lo scopo reale di aiutare i genocidari, non è mai terminata. Sta ancora continuando nel Kivu e per nascondere le sue reali intenzioni la Francia ha innalzato la cortina fumogena del processo a  Simbikangwa.

   SE VOLEVA PROCESSARE un genocidario, perché non processa Agathe Habyarimana, la vedova del dittatore sulla quale a seguito di una denuncia nel 2007 è stata aperta una “informazione giudiziaria”? No, non c’è pericolo. Non soltanto Agathe se la spassa sul suolo francese pur essendo formalmente espulsa ma percepisce una pensione a spese dei contribuenti. Eppure è considerata la vera anima del genocidio, la regina dell’akazu, la cricca al potere. Ma se venisse processata, potrebbe vuotare il sacco sulla collaborazione della Francia con i genocidari. Raccontarci come gli ufficiali francesi addestravano l’esercito governativo e le milizie interahamwe. Raccontarci come i militari francesi arrestavano i Tutsi ai posti di controllo per consegnarli alle milizie. Raccontarci come li caricavano a bordo degli elicotteri per gettarli nel vuoto o deporli in mezzo a orde di Hutu  aizzati dalle autorità e dai preti.  Raccontarci come violentavano le donne Tutsi. Con il rischio che la Francia si ritrovi obbligata a processare dei militari e dei politici francesi.

   PER LA STESSA RAGIONE la Francia si guarda bene dal processare il prete rwandese Wenceslas Munyeshiaka, che non soltanto se la spassa sul suolo francese a spese dei contribuenti ma dà pure la comunione ai bambini. Quando  era il prevosto  della Sainte Famille, la cattedrale di Kigali,  Wenceslas ha consegnato agli Interahamwe le liste dei suoi parrocchiani da trucidare. Se venisse processato, potrebbe vuotare il sacco sui rapporti della dittatura di Habyarimana con il Vaticano. Un vescovo scelto da Roma, Vincent Nsegiyumia, faceva parte del Comitato Centrale del MNRD (Mouvement National Démocratique Rwandais, il partito al potere), come dire che in pratica il papa governava a fianco del dittatore. Questo spiega perché per 20 anni Woytila ha tacitamente avallato la politica razzista del MNRD e i periodici massacri a danno della minoranza Tutsi. Perché ha ispirato la demonizzazione dei Tutsi, continuando l’opera iniziata nel 1957 dal prete svizzero André Perraudin. Perché il polacco ha cominciato a ululare soltanto in occasione del genocidio del 1994, chiaramente per crearsi un alibi dopo avere contribuito a preparare il massacro per 20 anni con un piede nel governo rwandese. Perché si è rifiutato di consegnare al TPI il prete genocidario Athanase Séromba, nascosto prima in una chiesa toscana e poi nel Vaticano. Vi immaginate un processo in cui di discute di tutto questo? Colerebbe a picco quello che resta della chiesa cattolica.

   MEGLIO, mille volte meglio, processare l’”innocuo” Pascal Simbikangwa. Vuoi mettere? Tutti diranno che brava la Francia, si vede che vuole fare la pace con il Rwanda, si vede che è risposta a fare un esame di coscienza e mettersi in causa. Si incriminerà qualche altro oscuro funzionario dell’ancien régime e si lasceranno in pace tanto i preti che i bianchi. Non si aprirà il vaso di Pandora con tutte le prove incriminanti a carico di personaggi al di sopra di ogni sospetto, i colpevoli resteranno impuniti e la Francia potrà continuare a trafficare sottobanco per strappare il Rwanda agli odiati anglosassoni, riportarlo nell’orbita francese e rubare in santa pace il coltan del Congo.   E le vittime? Ma scusate, erano africane. Che cosa conta 1 milione di vittime africane di fronte all’onore della Francia e al prestigio della chiesa?

    Dragor


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