I Comuni potrebbero pubblicare le dichiarazioni dei redditi di categorie di contribuenti. Questo significa in parole povere che non tutti verranno pubblicati, ma solo determinate categorie. Quali, è facile capirlo: professionisti, imprenditori, commercianti. Insomma, le solite categorie. Quelle che vengono usualmente accusate di evadere il fisco.
Eppure sono perplesso. Mi domando, e la privacy? E il senso di pudore? E il pericolo insito in questo provvedimento? Ci sono molte persone che non amano che i loro affari e la loro situazione economica venga spiattellata a chicchessia. Forse perché magari si vergognano di un reddito troppo basso, oppure perché non vogliono (giustamente) far sapere a curiosi, chiacchieroni, e nel peggiore dei casi, a ladri, rapitori e truffatori che i loro introiti sono consistenti. Del resto, fino a oggi, solo chi lavora negli uffici dell’Entrate può sapere quanto dichiara un certo contribuente. E lo sa il commercialista o il sindacalista del CAF. Ma se il provvedimento passasse, chiunque lo saprà. Per paradosso, anche il malavitoso potrà venire a conoscenza di quanto guadagna Tizio. E dunque non avrà che l’imbarazzo della scelta: oggi facciamo una rapina in quella casa. Domani rapiamo quel Tipo lì: nell’ultimo IRPEF ha dichiarato un milione di euro di reddito.
E l’utilità della norma? Far sapere che Beppe Grillo incassa una montagna di quattrini dai suo show? Far sapere che altrettanto incassano i due Rossi: quello della musica e quello delle moto? O far sapere che il signor Verdi della porta accanto, di mestiere vigile urbano, guadagna due volte più di te che sei avvocato, così che quando ti incrocerà per strada ti guarderà dall’alto in basso e sghignazzerà sulle tue miserie?
Insomma, la norma, ai fini della lotta all’evasione, non ha grande utilità. Piuttosto, incentiva la delazione e lo sputtanamento, e dunque la denuncia contro questo o quel contribuente; peggio: la sua derisione o l’invidia nei suoi confronti. Tutti diventeremmo vittime e carnefici di un sistema che ogni giorno che passa diventa sempre più assurdo e contraddittorio, alimentato com’è da una politica che tra un malaffare e l’altro, anziché tagliare i suoi maledetti privilegi, se la prende con un professionista che non fattura cinquanta euro, o un imprenditore che se paga l’IVA non ha di che vivere, e forse perché sui quei quattrini entrambi ne devono pagare quasi il 30% in tasse, ovviamente per ingozzare i politici e i loro mega stipendi, i loro finanziamenti ai partiti e i loro servizi gratuiti che i normali cittadini pagano salato!
Intendiamoci, non che l’evasione sia giustificata, ma è chiaro che il fenomeno è figlio dell’esasperazione economica: dello scarso lavoro, della burocrazia e di un sistema politico-amministrativo che tutela gli sprechi, i privilegi e disincentiva lo sviluppo. Penso sempre a un esempio, quando considero l’evasione fiscale e il perché non riusciamo a ridurla. E questo esempio mi pare lampante: se limitiamo la libertà di una persona, più gliela limitiamo e più quella persona vorrà liberarsi e scappare. Lo stesso dicasi per l’evasione fiscale: più aumentiamo le tasse, più opprimiamo il cittadino con balzelli e tributi, e più lui escogiterà un modo per non pagarle, perché percepirà il sistema come iniquo. Soprattutto a fronte dei sempre più numerosi fenomeni di malapolitica e della mediocrità dei servizi pubblici.
Ciò detto, non credo che la soluzione stia nel piazzare spie o delatori nei Comuni d’Italia o pubblicare la dichiarazione dei redditi del ragionier Rossi, per impedire che il cittadino evada le tasse. La soluzione è molto più semplice: sviluppo e abbassamento della pressione fiscale. Tagli e risparmio. Equità e ragionevolezza. Ma per fare un altro esempio: è meglio pagare un medicinale o una visita medica, anziché illudersi di ottenerla gratis. Perché avere certi servizi gratis in Italia è pia illusione: quello che lo Stato ti da con una mano (la sanità gratis) te la riprende con l’altra (una pressione fiscale che sfiora il 40%). Svegliamoci!
di Martino © 2011 Il Jester