La Rai vede profilarsi la scadenza della Convenzione (2016) e i nodi strategici vengono al pettine. Così, stimolati da una rivelazione esclusiva di Repubblica i vertici della commissione di vigilanza (Fico e Margiotta) hanno finalmente preso per le corna la questione dei regalini (€500.000 in tre anni, pare. Compreso qualche Rolex) elargiti dalla Rai stessa a persone “utili” come deputati, alti burocrati e via intendendosela. Il dirigente responsabile di tanto scialo è stato prontamente rimosso e il dg lodato per l’inusuale solerzia.
Peraltro ai tempi nostri, se ben ricordiamo, i regalini già esistevano, costituiti da prodotti di casa Rai, come i cd della Fonit Cetra (anche per sovvenzionarne il bilancio) e da mazzi di carte (francesi, per la canasta), penne e agendine. E siamo pronti a testimoniare circa il passato andazzo. Ma, vista la passione mediatica e istituzionale suscitata da mezzo milione di euro in un triennio, vorremmo approfittarne per stimolarne altrettanta a fronte delle varie decine di milioni di euro annuali spesi per fornire non “regalini” ma “canalini”, e ci riferiamo a quelli varati con l’avvio del digitale terrestre per tirare la volata alle pay tv anti Sky.
Li chiamano “canali specializzati”, roba da amatori, da nicchie, da coda lunga della domanda. Però gli amatori devono essere davvero pochi se degli undici canalini Rai che vengono misurati dall’Auditel solo due superano l’1 per cento di share nelle 24 ore: YoYo (1,4 per cento, in aumento da un ottobre all’altro, specializzato in Peppa e Barbapapà); Rai Premium (1,2 per cento, in calo da un anno o all’altro, specializzato in repliche).
Gli altri nove sono allo zero virgola: Rai4 che, passata la curiosità per le serie cult in salsa di Freccero, è scivolata allo 0,9; RaiNews che è salita dallo 0,5 allo 0,6 per cento, ma finchè le reti generaliste gronderanno di edizioni di Tg ogni mezz’ora è ben difficile che possa puntare più in alto; Gulp che sguazza nello 0,37 per cento (con Principessa Sissi e le Winx) e Rai 5 (indefinibile) che riposa a quota 0,32 per cento. Più giù si piazzano i canaletti sportivi Rai Sport1 (0,26 per cento) e Rai Sport 2 (0,14 per cento), tallonati da Rai Storia (0,12 per cento) ma ancora lontani da Rai Scuola, che con lo 0,01 per cento rappresenta lo stadio finale della fissione dell’atomo Auditel.
Insomma, è chiaro di cosa si tratta: della coriandolizzazione del servizio pubblico. E già vediamo col rinnovo della Convenzione (2016, ma magari anche prima, con una qualsiasi legge di stabilità o decreto milleproroghe) tutti questi coriandoli che finiscono nel ventilatore con mille privati piccoli e grandi, pronti ad afferrarli per fare un “servizio pubblico” altrettanto inutile, purché pubblicamente finanziato e, beninteso, vigilato dalla apposita commissione parlamentare.
E allora sì che gli undicimila piccoli indiani dipendenti della Rai, a prescindere dalle incursioni dei tanti Brunetta ed epigoni, appariranno undicimila di troppo. Non per quello che dovrebbero fare, ma per quel che sono messi a fare: regalini o canalini che siano.
Stefano Balassone