Un giorno Ronald Reagan, contrariato dalle di risposte imprecise che gli davano i suoi consulenti economici, si sfogò dicendo che avrebbe voluto avere dei consiglieri economici con una sola mano (traducendo la metafora dalla lingua inglese, diremmo che il presidente USA degli anni ’80 voleva consiglieri che non oscillassero da un canto all’altro degli inafferrabili fenomeni economici).
In realtà, in economia, come nella terapia farmaceutica, non esiste una cura che non abbia controindicazioni.
Se tu prendi una pastiglia per il mal di testa, rischi di ritrovarti con il mal di stomaco; e magari con un buon antibiotico, insieme ai virus rischi di distruggere la tua flora intestinale e le tue riserve vitaminiche.
Anche in Economia, se aumenti la quantità di moneta in circolazione, dai impulso all’inflazione; e se aumenti i salari, i prezzi vanno su; e così via.
La realtà é che noi siamo in crisi perché abbiamo l’illusione che la nostra crescita economica possa svilupparsi all’infinito.
E non siamo disponibili a regredire e a mutare le nostre abitudini consumistiche.
Eppure dovremo rassegnarci, prima o poi, a modificare il nostro modello economico di sviluppo (e i consumi scriteriati che ne costituiscono il corollario) se non vogliamo che il pianeta terra sprofondi sotto il peso dei nostri abusi.
E forse ha ragione il grande filosofo Edgar Morin quando scrive che anche il nostro modello di rappresentatività democratica va cambiato, rinnovandolo con un coinvolgimento più diretto delle comunità locali da un canto, e con una mondializzazione dei governi centrali dall’altro.