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La spia – A Most Wanted Man: il canto del cigno di Philip Seymour Hoffman

Creato il 02 novembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Antonio Valerio Spera

Summary:

Teniamoci stretto La spia – A Most Wanted Man. Non tanto per il valore stesso del film – negli States la critica si è divisa e il pubblico non sembra aver gradito molto (appena 17 milioni l’incasso) – ma perché rappresenta l’ultima pellicola completata (non si può dire lo stesso dei prossimi capitoli di Hunger Games) dal compianto Philip Seymour Hoffman. Un pezzo unico, quindi, da custodire con cura, passione e amore per il cinema.

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Basato sul romanzo di John Le Carrè e diretto dall’olandese Anton Corbijn, il film è uno spy movie dal cast sontuoso, capeggiato da Hoffman e composto da comprimari d’eccezione come Rachel McAdams, Willem Dafoe, Robin Wright e Daniel Brühl.
Corbijn non è nuovo a trasposizioni cinematografiche di romanzi di successo. Dopo l’exploit del suo sorprendente esordio Control (2007), biografia del “maledetto” leader dei Joy Division Ian Curtis, il regista aveva infatti portato sullo schermo A Very Private Gentleman di Martin Booth con il film The American, che vedeva George Clooney nei panni di un sicario professionista. Nonostante l’insuccesso, sia di pubblico che di critica, l’autore ha deciso di riprovarci e ha scelto Hoffman per il ruolo del protagonista Günther Bachmann, un agente segreto anti-terrorismo che lavora in Germania, precisamente ad Amburgo. Bachmann deve indagare su un noto accademico musulmano che sta appoggiando in gran segreto alcune attività terroristiche. Con l’aiuto di una giovane avvocatessa, di un’astuta agente della CIA e di un losco banchiere, Bachmann organizza un piano complesso e intricato per incastrare il suo obiettivo.
In uscita il 30 ottobre grazie alla Notorious Pictures, A Most Wanted Man è un thriller politico figlio dell’atmosfera post 11 settembre. A differenza però di tanti film sulla carta analoghi, quello del regista olandese promette un impianto più riflessivo e meno adrenalinico. L’azione e i toni concitati non mancano, ma Corbijn, rispettando il romanzo di Le Carré, ha preferito infatti allontanarsi dalla tipica struttura del genere offrendo un’analisi della fragile situazione politica internazionale e focalizzando la sua attenzione sull’intimità del protagonista.
La vera azione del film è quella che si svolge nella mente di Gunther”, dichiara il regista. Un personaggio che è una spia chiusa in se stessa, una vera e propria anima sola e solitaria, che dopo la triste fine di Hoffman sembra rispecchiare in qualche modo lo stesso atteggiamento nei confronti della vita del suo interprete. Corbijn però non vuole entrare in questi discorsi: “non mi piacciono queste speculazioni e non credo che Phil abbia reso al massimo il personaggio di Gunther per questo motivo. Lui si faceva a pezzi per le sue interpretazioni, era un attore straordinario”.
Sul fatto che sarebbe stato lui a dare corpo e voce al protagonista, Corbijn non ha mai avuto dubbi: “Ho sempre pensato per Gunther ad un attore un po’ sovrappeso, quindi Phil era perfetto. Poi è chiaro, la sua carriera parla da solo: Phil poteva fare qualunque ruolo e renderlo indimenticabile. Lui sapeva dare tridimensionalità ad ogni personaggio, questo era il suo talento”.
Un talento che purtroppo non potremo più apprezzare sul grande schermo. Ecco perché vedere la sua spia sola ma piena di umanità sarà un’esperienza di puro piacere ma anche di vera tristezza.

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net

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