Mentre si cerca la verità sulla scomparta di Emanuela Orlandi, fanno sapere –dopo i trambusti, le richieste e gli appelli dei giorni scorsi – che la tomba di Enrico de Pedis non verrà aperta. A dire il vero, nessuno (in pochissimi) credeva che all’interno di quella tomba ci potesse essere qualcosa di diverso rispetto ai vermi –forse-.
La cosa sulla quale c’era maggiore necessità di dare e avere spiegazioni era proprio capire perchè un boss della portata di Renatino (sebbene morto prima di essere incastrato nel processo alla banda della magliana), riposasse –più o meno in pace – all’interno della basilica di Sant'Apollinare bdopo la sua morte avvenuta nel febbraio 1990.
L'ipotesi di aprire la tomba era stata fatta nell'ambito dell'inchiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Simona Maisto sulla scomparsa della cittadina vaticana Emanuela Orlandi, avvenuta in circostanze ancora misteriose il 22 giugno del 1983 all'età di quindici anni. A collegare la scomparsa della ragazza con De Pedis fu una telefonata giunta nel settembre 2005 alla redazione della trasmissione televisiva «Chi l'ha visto?»:
«Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi - disse - per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all'epoca».
L'esigenza di andare ad aprire la tomba non è più ritenuta necessaria dagli inquirenti per i quali è poco credibile che al suo interno vi si possano trovare altre persone. Ciò considerando anche che De Pedis è morto sette anni dopo la scomparsa della Orlandi.
Per i pm titolari dell'indagine, che circa due anni fa hanno svolto un sopralluogo nella cripta, non sussisterebbe più la necessità di aprire la tomba in quanto si ritiene inverosimile che al suo interno vi possano trovare resti di altre persone oltre a quelli di De Pedis, considerando anche che questi è morto sette anni dopo la scomparsa della Orlandi.
« Sulla scelta di non aprire la tomba di De Pedis - afferma Pietro Orlandi - mi dovrebbero spiegare perchè, su disposizione della magistratura, ci hanno fatto il prelievo del Dna a tutti noi familiari e anche ai familiari di De Pedis e perchè fino a non molto tempo fa i pm hanno continuato a dire che l'avrebbero aperta. Fu lo stesso Capaldo a dirmi, circa un anno fa: 'la apriamo prestissimò. Non capisco cosa li abbia portati a cambiare idea».
A collegare la scomparsa della Orlandi con uno dei capi della banda della Magliana fu una telefonata giunta alla trasmissione «Chi l'ha visto?» nel settembre 2005.
Una voce anonima (che secondo una perizia del 2010 sarebbe da attribuirsi a Carlo Alberto De Tomasi, figlio di «Sergione» legato alla Banda della Magliana) affermò che per trovare la soluzione del caso Orlandi bisognava «vedere chi è sepolto nella cripta della basilica».
De Pedis fu ucciso il 2 febbraio 1990 in un regolamento di conti a Campo dè Fiori.
Sepolto inizialmente al cimitero del Verano in un loculo di famiglia, la vedova riusc� a farne traslare la salma a Sant'Apollinare grazie al via libera dell'allora arcivescovo vicario di Roma, Ugo Poletti. Il sopralluogo del luogo dove si trova la tomba di De Pedis venne effettuato dal procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e svolto dopo l'audizione, quale persona informata sui fatti, di Pedro Huidobro attuale rettore della basilica. Secondo un'analisi della cripta, la tomba di De Pedis si troverebbe in un piccolo ambiente, una stanza accessibile tramite una porta in ferro. Le chiavi del cubicolo sono in possesso solo del rettore e di Carla Di Giovanni, vedova De Pedis.
La tomba sarebbe molto simile a quelle realizzate per la Santa Sede. Poco distante, sempre nella cripta, è presente un ossario composto di resti che un tempo erano depositati senza alcun criterio nei cunicoli della basilica. Si tratta di una dedalo di strettoie, ora chiuse, che un tempo permettevano di raggiungere anche la sede della scuola di musica dove la Orlandi studiava flauto.
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