Abdel Kechiche racconta La vita di Adele con lucidità e disincanto l’educazione sentimentale di una giovane donna e restituisce un vivido affresco esistenzialista tra vita vissuta e ideale utopico…recensione vincenzo palermo
Adèle, giovane adolescente di Lille, s’invaghisce di Thomas, mentre la sera sogna sulle sue letture preferite: Laclos e Pierre de Marivaux. Ma la passione, quella autentica e senza riparo, s’accende quando incontra la trasgressiva Emma, studentessa di Belle arti, amante della filosofia sartriana e dei corpi contorti di Schiele.
In La vita di Adele di Abdel Kechiche (Cous cous) riluce, attraverso una poetica di lucido disincanto e un’icastica potenza d’espressione, l’ideale primigenio dell’amore; non quello canonicamente rappresentato, nemmeno quello idealizzato da Stendhal e Leopardi, ma quella forza onnicomprensiva che unisce l’apollineo al dionisiaco e che si fonda sul delicato equilibrio tra materia e spirito, razionale e irrazionale. Non a caso, infatti, il nome della protagonista, Adèle, significa Giustizia, in nome della quale lotta Antigone (figura tra l’altro citata nella pellicola) nel ristabilire l’ordine tra Ethos e Pathos, prezioso scrigno in cui confluiscono energie dionisiache e apollinee.
L’intero film, continuo rimando citazionistico all’arte e alla letteratura, inscena un cammino iniziatico facendo sprofondare Adèle nel baratro di un sentimento che la trasfigura, ora attingendo alle riflessioni sartriane, ora definendo un parallelismo tra la vita di Marianna, opera prediletta dalla protagonista, e lei stessa, eroina tragica che prima conosce l’infatuazione, poi l’estasi, infine la perdizione ossessiva. In La vita di Adele l’oggetto del desiderio reciproco è il corpo, ed è così tanto mostrato, apparentemente senza alcun ritegno o misura, da far pensare a certe furberie da cinema
mainstream, quando, in realtà, la raffinatezza e l’eleganza degli appassionati amplessi non hanno alcunché di osceno, anzi, restituiscono con grazia la bellezza dell’eterno femminino, elevandolo a simbolo d’arte figurativa o, nella cifra stilistica del regista, a fedele registrazione del vissuto quotidiano. In fondo, noi spettatori siamo incorreggibili voyer e, come insegna il capolavoro hitchcockiano Rear Window o Dans la maison di F.Ozon, osservare da una finestra o da qualsiasi angolo scenico vuol dire conoscere il mondo reale, quello da cui sono escluse le due protagoniste in virtù di una passione quasi cannibalica, che la delicata poetica registica eleva a lirica intimista. La vie d'Adèle rappresenta la pulsione spregiudicata e libera di due corpi ignari del mondo, persi in un dolce martirio condiviso, senza riparo.Elegante e magnetico, il film affascina fin dal primo minuto, mostrando, senza esibire torbidamente, tutta la grazia di un inconfessabile amplesso sentimentale. Kechiche ci dice che l’amore non si insegna, lo si divora con amarezza, attraverso un percorso ineluttabile di perdizione e conoscenza di sé.
LIRICO
Dr. Deckard
Regia: Abdel Kechiche – Cast: Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos, Salim Kechiouche – 2013 - FRA – SPA – BE
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