Questa vuole essere una premessa a un mio racconto sul tema del paradosso, che sarà prossimamente pubblicato in un’antologia. Mi riservo però di non pubblicarlo, prima dell’uscita antologica, della quale vi terrò informati. La premessa è del tutto indipendente, a livello di comprensione, dal corpus letterario. Buona lettura, nell’attesa.
Non c’è cosa che vada più contro i luoghi comuni che la vita stessa.
La vita è essenzialmente tragica, in quanto contrassegnata dal conflitto tra la nostra parte razionale e la nostra parte ragionevole.
La razionalità ci suggerisce che un evento possa e debba essere modificato a nostro piacimento. Sembra, a primo sguardo, un assunto del tutto contraddittorio, ma così non è. Un atteggiamento razionale richiede di impostare la propria vita secondo alcuni precisi canoni. Fare dei progetti e agire secondo quei progetti, così come prefissati nella nostra mente. La nostra parte razionale ci suggerisce uno stato conservativo delle situazioni. Aspiriamo, drasticamente, utopicamente, a uno status quo, a una sedentarietà emotiva.
Ci illudiamo molto facilmente di poter coltivare una quotidiana serenità. E quando accade (perché comunque accade) che qualcosa va storto, fuori dai piani, la prima reazione è tentare di domare l’imprevedibile, riconducendo l’evento nei binari della razionalità.
Ma questa, a dirla tutta, è pura follia!
Anzi, più razionalizziamo l’accaduto, più quello si dilata nella sfera della non-logica. Abbiamo sempre creduto che
2 + 2 = 4
ma quando un giorno ci troveremo di fronte al fatto compiuto che
2 + 2 = 5
noi diremo che “C’è un errore!” e tenteremo di correggere l’errore. La nostra parte razionale ci sta dicendo che non è razionalmente accettabile un simile risultato diverso da quello previsto. Perciò abbiamo creato i computer a nostra parziale immagine e somiglianza.
Ma nella vita ci sono maggiori probabilità che 2 + 2 = 5, e non 4. L’esistenza quotidiana è costellata di paradossi, di situazioni che sfuggono a un giudizio razionale. La razionalità è statica, le circostanze sono dinamiche, l’attrito è fatale.
Ed è qui che entra in gioco una possibile chiave di soluzione: la ragionevolezza. Essa è una predisposizione (vuoi sociale, vuoi comportamentale) ad accettare l’imprevedibile…ed andare avanti.
Un essere razionale è ottuso, chiuso. Un essere ragionevole è aperto al cambiamento, maturo, responsabile, consapevole del proprio ruolo, cioè pedina di una scacchiera che non è e non sarà mai sotto il suo assoluto controllo. Ma consapevole anche che sotto il suo assoluto controllo è sempre (e soltanto) se stesso. L’unica barca che può controllare nel mare tempestoso di ogni giorno è la propria, nemmeno quella dei propri cari, degli amici, dell’amata, ma la propria. Ed in questo si ritrova splendidamente e assurdamente “solo”. Una solitudine però anche costruttiva che tende ponti e aiuti verso l’altro da sé.
Accettare un evento, non significa abbandonarsi del tutto alle sue conseguenze, facendo così propria una resa incondizionata. Al contrario la ragionevolezza, caposaldo democratico dei demoni che albergano nella nostra anima, è una strada che conduce al patto, alla trattativa.
Ma il Grande Imprevisto della nostra vita sapete qual è?
Non è la morte di una persona vicina, non è la persona amata che improvvisamente ci lascia senza alcuna spiegazione plausibile, non è la gomma della macchina che si sgonfia, anche quando è nuova e l’hai gonfiata poche ore prima, non è la legge di gravità che smette di funzionare.
La parte realmente imprevedibile…siamo noi stessi. Solo la ragionevolezza può trasformarci in Uomini e Donne al comando della propria nave, e non in marinai in balia delle onde, prossimi al naufragio.
Ora, io vi auguro una vita ricca di responsabilità, di consapevolezze, di demoni, di imprevisti. Vi auguro di essere l’unico Comandante al timone. Non sarà facile, ma sarà almeno avventuroso. Buona Sorte.
Cristo nella tempesta sul mare di Galilea, 1633, Rembrandt