Magazine Cultura
Mi sono, letteralmente, precipitata in libreria, che da una parte è strano vista la mia stoica avversione contro tutto ciò che l'aggettivo "promozionale" include, sebbene il feticismo per le vite biblicamente tragiche, malate e intossicate, mi accompagna sin dalla primissima infanzia. Il mio concetto di "promozione" e "consumismo" Adam Smith lo considererebbe un tantino primitivo, specialmente se si parla di letteratura. Ma quell'ometto dagli occhi chiari, nascosti dietro una leggera montatura da vista, che discorreva con un filo di voce sul baratro nero e spigoloso della solitudine, mi ha turbata ed impietosita.
"La vita oscena" è la storia di lutti non eleborati, della perdita della familiarità con se stessi, è la morte che trova respiro nell'irrefrenabile desiderio sessuale soddisfatto nel vano tentativo di abbandonarsi all'oblio ma vedersi condannati a continuare. La droga come fine, la pornografia come sfogo nella sua essenzialità. Ogni letto, ogni vagina, ogni fellatio si trasforma in un risucchio verso il nulla, è un continuo abbrutimento, angosciante ed osceno. E' un libro di forte impatto, come tutti i libri che raccontano le passioni (nel senso viacrucisano del termine) di giovani individui battuti dalla vita; è un libro breve con versi lancinanti nel loro maturato distacco, righe che scorrono lucide e coraggiose sotto il peso del dramma; scene, sensazioni, parole impubblicabili.
E' difficile giudicare un libro che è un bel pezzo di vita, anche piuttosto marcia: è stata una necessità scriverlo (suppongo) e un dovere morale è leggerlo. Forse tra qualche anno, quando le nostre scuole abbandoneranno l'impietosa vocazione cristiana nell'insegnamento, quando la descrizione di un'eiaculazione non farà arrossire tutto il circondario, liberandoci da questa fastidiosa doppia morale che fa tanto PDL, magari si riuscirà a far leggere "La vita oscena" anche nelle scuole presentandolo come uno dei più bei romanzi di formazione mai scritti. Buona lettura. B.
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