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La vulìa

Da Gabrita
Il napoletano, si sa, è una vera e propria lingua a sé e, nonostante vi abbia già raccontato quanto poco io lo sappia parlare, è un dialetto che trovo bellissimo. So che alla maggior parte di voi  forse sarà capitato di ascoltare solo la pronuncia dialettale della provincia (anche il dialetto parlato dalle mie parti, non ha niente a che vedere col napoletano), ma vi assicuro che quando ci si trova a parlare con qualche persona -soprattutto di una certa età- di Napoli centro, si nota nettamente la differenza: il napoletano vero e proprio ha una musicalità e un'eleganza direi antiche; ha suoni caldi, rotondi ma non troppo; non è sguaiato, scomposto e ha tutta una serie di parole uniche, dal significato denso e profondamente passionale.  Ad una di queste pensavo, l'altro giorno e mi è tornata in mente una voce familiare... La parola è "vulìa" e la usava spesso mia madre. Vulìa, pronunciata con l'accento su quella meravigliosa i, che sembra messa apposta per contenere la rotondità della v e della u e darle slancio verso la a finale, sfumata, mai pronunciata del tutto...Vulìa, voglia, desiderio, smania di qualcosa che ci spinge, ci urge, ci pungola e ci sentiamo impazienti, finché non l'abbiamo soddisfatta. Ho sentito dare a questa parola carinissima (quasi bambina, nel suono che ha) connotazioni diverse: mia madre liquidava così i nostri capricci di bambine, chiamandoli "solo 'na vulìa", mentre se aveva voglia di qualcosa di buono e stuzzicante da mangiare, le si accendevano gli occhi e, con un mezzo sorriso da ragazzina maliziosa, diceva: "Tengo 'na vulìa di qualcosa di saporito"...e poi guardava me, cercando complicità...
E ancora oggi, quando penso insistentemente a qualcosa che mi va tantissimo, ma che non posso avere nell'immediato, mi ritorna lo sguardo birichino di mia madre e sorrido. E poi mi infilo il giubbino ed esco a comprare gli ingredienti che mancano... Perché, del resto, lo diceva anche Oscar Wilde, che "l'unico modo per resistere a una tentazione è cederle"...ma forse lui non parlava di cibo...e per le altre vulìe che potrebbero agitarvi le giornate, mi sa che dovrete armarvi solo di santa pazienza :)
...e se aveste voglia di un dolcino profumatissimo, rustico, dolce ma non troppo e dall'aria very natalizia? A una tentazione così è lecito cedere, no?
La vulìa
Ringrazio Paola, che ha stuzzicato non poco la mia curiosità, postando questo delizioso plumcake e spingendomi a provare la farina di grano saraceno. Io ho apportato solo delle piccolissime variazioni.
Ingredienti per uno stampo piccolo da plumcake
175 gr di farina 00 75 gr di farina di grano saraceno (la mia era questa , graditissimo dono di Emporio Ecologico) 120 gr di zucchero di canna 1 bustina di lievito per dolci 50 gr di olio di semi di mais 2 uova medie 250 gr di yogurt bianco di soia 1 mela grande 2 cucchiaini di spezie miste (io uso un mix di 4 spezie già miscelate) 2 cucchiaini di zenzero in polvere
zucchero e cannella per lo spolvero finale
Montate le uova con lo zucchero e le spezie, unitevi a filo l'olio, poi lo yogurt e infine le due farine setacciate insieme al lievito (se l'impasto dovesse essere un pochino duro, ammorbiditelo con un goccio d'acqua o di latte). Versate il composto nello stampo da plumcake. Tagliate la mela a fettine sottili e infilatele dritte nell'impasto, cercando di affondarle solo leggermente, perché tanto ci penserà il calore della cottura a inglobarle un po'. Spolverate la superficie con un altro po' di zucchero e cannella (un cucchiaio circa) e infornate in forno già caldo a 180° per circa 45 minuti.
La vulìa

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