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Per quanto riguardo il latte di cocco l’ho preparato sia a partire dal cocco grattugiato (che si trova in buste da 250 o 500 grammi in qualsiasi supermercato o negozio di generi alimentari) che a partire dalla noce di cocco intera.
Gli strumenti necessari per la preparazione (se non avete un estrattore) sono solo un pentolino, un pressa-patate (o in alternativa un colino metallico), un frullatore (se preparate il latte di cocco direttamente dalla noce).
Un procedimento possibile è il seguente. Scaldare lentamente in un pentolino dell’acqua a circa 40 gradi (a tale temperatura gli enzimi sopravvivono ancora, al di sopra dei 42 gradi invece vengono distrutti, quindi possiamo parlare ancora di cucina crudista) e mettervi dentro le scaglie in modo che la consistenza del composto sia molto densa (la quantità del cocco da utilizzare dipende da quanto latte volete preparare, le prima volte potete anche provare con piccole dosi per imparare).
Lasciare riposare mezz’ora o più e strizzare il tutto con un pressa-patate o filtrare attraverso un colino metallico a trama fine. Mettere da parte le scaglie di cocco “strizzate” e ripetere il procedimento un’altra volta.
A questo punto io a volte ripeto il procedimento la terza volta facendo addirittura bollire l’acqua per cercare di estrarre tutto il “latte” dal cocco. Questa terza “spremuta” è molto meno densa e alquanto acquosa, e in genere la separo dalle altre due (che sono più dense e gustose) e la bevo al momento.
Altra possibilità (per certi versi più rapida e di maggior rendimento) è quella di portare l’acqua all’ebollizione, versarvi dentro le scaglie di cocco, spegnere il fuoco e coprire il pentolino. Aspettare un’oretta che si raffreddi e filtrare. Riprovare una seconda volta per un’ulteriore spremitura. A questo punto se il procedimento è stato eseguito al meglio le scaglie “spremute” sono formate praticamente da fibra pura e si possono buttare. Ovviamente il latte di cocco estratto non può dirsi “crudo”, ma è ugualmente buono e lo si può facilmente fare fermentare.
Partendo dalla noce occorre prima estrarre il grosso seme dal guscio (*), quindi togliere la buccia, tagliarla a dadini molto piccoli e metterla nel frullatore (ci vogliono un paio di minuti o più partendo da velocità di rotazioni basse e pian piano aumentando). A questo punto si ottengono delle scaglie (magari un po’ più grossolanamente tagliate che quelle che si acquistano nelle buste confezionate) con le quali si può seguire uno dei procedimenti sopra riportati.
Se avete un estrattore basta versare un po’ di acqua tiepida assieme alle scaglie di cocco ed il latte viene fuori subito, in maniera molto semplice.
Ottenuto il latte di cocco lo si può mettere in frigorifero e goderselo fresco così com’è. Lo si può eventualmente dolcificare mettendoci a mollo qualche chicco di uva passa (possibilmente biologica, infatti l’uva - come le banane - è uno dei frutti più irrorati da ogni genere di prodotti chimici, tanto che il succo d’uva concentrato da agricoltura intensiva può contenere tracce di arsenico), aggiungendovi malto di riso (ma non credo sia permesso dalla dieta GAPS) o miele (permesso dalla dieta GAPS ma inviso ai vegan).
A questo punto se si vuole preparare lo yogurt di cocco occorre riscaldare il latte a fuoco lento girando continuamente fino a portarlo alla temperatura di 42 gradi centigradi, sciogliervi un po’ di polvere di fermenti lattici per la preparazione dello yogurt (io l’ho trovata facilmente nei negozi di alimenti biologici) e metterlo a fermentare per 24 ore in una yogurtiera o in un termos (di cui si può realizzare una versione casalinga con un vasetto di vetro chiuso dentro una scatola di polistirolo). Alla fine si ottiene un prodotto ricco di probiotici utilissimo per il benessere nel nostro intestino.
Se invece si vuole realizzare il kefir basta partire dal latte di cocco a temperatura ambiente, sciogliere i fermenti specifici per la preparazione del kefir (anche questi li ho trovati facilmente nei negozi di alimenti biologici) e lasciare per 24 ore in un vaso di vetro col coperchio appena appoggiato in modo che resti semi-aperto (non chiuso ermeticamente, deve “respirare” per fermentare meglio).
Alla fine sia con lo yogurt che con il kefir si otterrà anche del siero (la parte liquida del risultato finale della nostra fermentazione). Si tratta di un prodotto anch’esso ricco di probiotici che on va assolutamente scartato. Il siero può essere bevuto così com’è o aggiunto alle spremute di frutta fatte in casa; una parte lo si può tenere da parte e riutilizzarlo per una nuova fermentazione (a tale scopo si può anche tenere una parte dello yogurt o del kefir ottenuto).
NB: pare sia meglio prima sciogliere i fermenti in un pochino di liquido non riscaldato e quindi aggiungerli al resto.
Che differenza c’è tra kefir e yogurt? Il mix di microbi benefici che fanno fermentare il kefir contiene anche alcuni lieviti benefici (ben differenti quindi dalla Candida Albicans). Se si utilizza il kefir come integratore probiotico associato ad una dieta GAPS, questo può indurre (causando la morte dei batteri patogeni) una reazione di disintossicazione più forte che non lo yogurt; la reazione di disintossicazione può in un primo momento aggravare alcuni sintomi, per cui è meglio introdurre tali cibi con lentezza, e possibilmente introducendo prima lo yogurt del kefir (quest’ultimo innesca una reazione di disintossicazione più forte).
Appena possibile vi spiegherò come produrre latte di mandorla fatto in casa, latte di mandorla fermentato, “formaggio” di mandorla, crauti (cavolo fermentato) ed altre verdure fermentate. Datemi il tempo di fare qualche esperimento.
Intanto vi segnalo un sito relativo a fermenti probiotici per produrre yogurt kefir e altri cibi e bevande fermentate (perfino il kefir d'acqua ...): http://www.kefir.it/acquisti.asp?cat=39
Alcuni di questi prodotti (almeno quelli per la preparazione dello yogurt e del kefir) li si trova facilmente in alcuni negozi.
(*) Per aprire la noce di cocco con un cacciavite e un martello si fanno tre fori nelle tre piccole depressioni della noce che si trovano ad una delle estremità, poi si fa scorrere il liquido filtrandolo col colino (per berlo subito o in un secondo tempo). Quindi con un martello si danno dei colpi ben assestati lungo la linea che attraversa il cocco da cima a fondo fino a che il Isi frammenta. Quindi con l’aiuto di un coltello o di un cacciavite si sollevano i pezzi della noce dal guscio, e con il coltello si toglie la buccia esterna marroncina fino a lasciare solo la polpa bianca.
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