Insieme ad Andrea ho raccontato per VareseNews la due giorni bolognese. Il resoconto lo trovate qui, ma c’è molto altro da dire, perché attorno alla notizia soffia il vento, freddo e leggero quello del tendone di Bologna, tiepido e forte quello che ci sospinge oramai da tempo, quello stesso vento che questa primavera è cambiato, sorprendendo Milano e Napoli, e regalandoci la certezza dei referendum.
Quando cambia il tempo e quando si alza il vento – dice una canzone e dice un libro di Pippo, scritto girando e vivendo l’Italia, d’estate – questo vecchio legno navigherà. Perché, con tutte quelle persone là fuori che si stanno contando già, che sono tornate in piazza per cambiare le cose, ci sarà un altro tipo di futuro, capatàz. Perché le cose cambiano solo cambiandole, e per cambiarle c’è bisogno di tutti, c’è bisogno di costruire i mulini, perché – come ha scritto Adriano Sofri quest’estate – non sono i mulini ad aver bisogno del vento, ma è il vento, oggi, ad aver bisogno dei mulini. Per non andare sprecato, per non rimanere vento: per essere trasformato da energia eolica a energia meccanica. L’energia si trasforma, non si crea né si distrugge, e se il vento è cambiato, ora tocca a noi trasformarlo.
Questa mattina parlavo con degli amici che hanno seguito la diretta streaming. Perplessi dal fisco 2.0, mi dicevano: ma sei sicuro che… sì, insomma, proprio qui, in Italia? Sì, ragazzi, proprio qui, lo fanno in Brasile, non pensate che potremmo farlo anche noi? Perché siamo stufi della retorica del proprio qui e abbiamo capito che è importante esserci, fino in fondo, perché queste dannate cose non si cambieranno da sole. Non saranno nemmeno gli altri a cambiarle per noi, e questo l’abbiamo capito, no?
Trovate qui gli interventi conclusivi di Debora e Pippo.