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Francamente delle "fiction" prodotte dalla Rai ne ho piene le scatole e nemmeno mi sarei sognato di guardarmi le due puntate della riduzione televisiva del romanzo firmato da Carlo Fruttero e Franco Lucentini, se non avessi letto alcuni articoli del quotidiano torinese la Stampa che, annunciando la imminente messa in onda del film "La donna della Domenica", lo presentavano come un piccolo capolavoro, del tutto degno del romanzo dal quale era stato tratto e del film che da quello aveva tratto Luigi Comencini nel 1975, entrambi di grande successo di pubblica e di critica.
Certo che soltanto nel mettere a confronto i nomi dei protagonisti del primo film e quelli del rifacimento televisivo la sfida sembrava persa in partenza: da una parte due star della cinematografia internazionale come Marcello Mastroianni e, nel ruolo del titolo, Jacqueline Bissett, dall'altra due attori molto conosciuto sopratutto per le loro partecipazioni a serie televisive come Andrea Ovart e Giampaolo Morelli.
Non era però il confronto tra le due coppie di attori a lasciarmi dubbioso (sinceramente reputo la Osvart e Morelli due buoni attori), tanto piuttosto colui che il telefilm aveva diretto, quel Giulio Base già artefici della realizzazioni di film televisivi di scarso rilievo come "Pompei" e il "Padre Pio" con Michele Placido e, soprattutto, autore di un pessimo rifacimento de "L'Inchiesta", un film di Damiano Damiani che meriterebbe una migliore considerazione.
Comunque, mi sono infine deciso a valutare con i miei occhi se un prodotto della Rai potesse non dico raggiungere il livello del film di Comencini, ma almeno rivaleggiare con le sue stesse antiche opere, quegli sceneggiati, spesso in bianco e nero, che è possibile rivedere in replica sui canali tematici digitali.
Il disturbo non è valsa l'impresa, che il film è stato esattamente quello che ci si sarebbe potuto aspettare da Giulio Base. Un banale fotoromanzo, per di più con i tipici colori pastello da italian fiction, che fanno così spot pubblicitario, che rendevano inutili gli sforzi di far sembrare la storia ambientata negli anni 70 fatta attraverso l'abbigliamento degli attori le automobili dell'epoca. Persa completamente l'atmosfera quasi liquida della Torino estiva nella quale si muovevano i personaggi di Comencini a cominciare dalla Anna Carla Dosio interpretata dalla Bissett, una svagata, ricchissima borghese, persa nella noia della sua vita di privilegiata, impegnata in inutili giochetti mentali con Massimo Campi, un misuratissimo Jean Louis Trintignant, , figlio di miliardari nullafacente, della cui omosessualità si sa ma non si parla troppo (nel fil di base è invece fin troppo evidente) e che finisce per invaghirsi del suo inquisitore, il cinico e distaccato, come solo certi romani sanno essere, commissario Santamaria interpretato da Marcello Mastroianni , divenuto un duro e gelido napoletano nello sceneggiato televisivo (e pensare che nel romanzo era siciliano).
Completamente fuori parte sia il Morelli baffuto, molto ingessato rispetto al solito, e Andrea Osvart che, pur bellissima al pari della Bissett, sebbene sconsideratamente acconciata con degli assurdi capelli platinati, proprio non è riuscita ad incarnare la sofisticatezza della "donna più bella di Torino.
Il banale lieto fine finale poi, non poteva non soccombere davanti alle immagini finali del film di Comencini, nelle quali Anna Carla saluta Santamaria e, salita in automobile con Massimo, si allontana nelle deserte strade della Torino estiva, ricominciando con lui i soliti giochini di parole.
La donna della Domenica non ha interrotto neanche la serie di top televisivi inanellati dalla Rai con le sue Fiction, tanto che è naturale domandarsi perché continui a produrne o, di converso, perché continui ad affidarne la realizzazione a persone evidentemente non all'altezza.
Le risposte forse sono anche semplici da trovare, per cui prepariamoci a vedere nuove "fiction" dello stesso livello.
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