Ho parlato con molta nostalgia delle indimenticabili e indimenticate polpette della mia mamma il 14 ottobre, quando invece ho postato la ricetta di quelle che ho definito: moderne, insolite, giovani, sfiziose, eccellenti, voluttuose, intriganti…
Accidenti! Ho usato più aggettivi che ingredienti per quelle polpettine a base di crostacei e funghi! Però se lo meritavano, dai, erano spettacolari.
Se le avete provate, mi avrete senz’altro dato ragione. Ve le ricordate? Se no e se avete in mente qualcosa di speciale, tornate a dare un’occhiata a quel post.
In quell’occasione avevo lasciato tutti a bocca asciutta accennando appena alle polpette che la mia mamma preparava con il bollito avanzato dal pranzo della domenica e qualcuno se ne era perfino lamentato.
Oggi voglio rimediare.
Si passa tutto al food processor frullando poco e con piccoli tocchi, raccogliendo il composto dalle pareti con un cucchiaio di legno.
Si ottiene un impasto consistente, ma non troppo asciutto, con il quale si formano delle palline appena un po’ più grandi di quelle da golf, che poi si appiattiscono leggermente col palmo della mano mentre si passano nel pane raffermo (che deve essere di pasta dura e non all’olio o al latte) grattugiato finemente, dando loro la classica forma delle polpette un po’ schiacciate.
Vanno fritte, finché non assumono un bel colore dorato, in abbondante olio e burro, scolate sulla carta da cucina e servite subito.
Questa è la versione appena appena un po’ modernizzata delle storiche polpette di casa mia.
La ricetta è quella, cambia leggermente la sua esecuzione.
Quando ero bambina la carne prima si sminuzzava col coltello e poi si macinava col passaverdura. Gli altri ingredienti si aggiungevano dopo.
Il prezzemolo (solo le foglie) si tagliava in un bicchiere con la punta delle forbici. Per prima si grattugiava la noce moscata e poi il Parmigiano, che così raccoglieva tutto il sapore, che era rimasto sulla grattugia, della spezia.
Al panino si toglieva la crosta prima di affettarlo e coprirlo di latte tiepido e la mortadella era sempre 150 gr, anche se la carne era un po’ più o un po’ meno del mezzo chilo che di solito veniva recuperato.
A volte le polpette risultavano più chiare, a volte più scure: dipendeva dalla proporzione di carne di manzo rispetto a quella di vitello e di pollame, ma erano sempre squisite.
La mia mamma aveva un tocco speciale nel capire quando la consistenza era perfetta.
Le sue polpette si impanavano direttamente nel pangrattato fine senza bisogno di passarle prima nell’uovo, così restavano asciutte e croccanti all’esterno mentre l’interno era favolosamente morbido.
Mi manca ancora tanto, la cucina della mia mamma. E mi manca infinitamente lei.
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