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Le querce non fanno melograni: a Montecarlo come a Roma

Creato il 29 marzo 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Le querce non fanno melograni: a Montecarlo come a RomaVi ricordate la villa di Alleanza Nazionale a Montecarlo? Lo stesso vale per il caso Lusi e gli appartamenti della Margherita. Dove stavano andando e, in parte, dove sono andati i soldi della Margherita?…

Il caso Lusi, che caso non è, pone un problema che non riguarda la classe dirigente, ma i cittadini. Poiché quei soldi sono dei cittadini. I partiti si finanziano con soldi pubblici, pagati attraverso tasse. Questi soldi, almeno in alcuni casi e per certe quantità vengono sprecati, proprio da chi si presenta per amministrare il paese.

Il problema non è morale. Laddove viene chiamata in causa la morale dell’amministratore. Il problema è della cittadinanza che permette a soggetti poco accorti, prima di tassarla e poi di depauperarla per nulla.

Lusi racconta la sua verità. Rutelli lo querela. Poi Rutelli dichiara che tutti i soldi spesi male saranno recuperati e restituiti. Dovrebbero i cittadini esser tranquilli? A leggere quanto scritto, oggi, dal corriere.it, si direbbe proprio di no.

Lusi dichiara che le ville erano per il partito. Viene da domandarsi se i partiti siano diventati in questi anni agenzie immobiliari. Considerando la crisi del mattone, non sarebbero nemmeno buoni investitori.

 

Successivamente lascia intendere che esiste un patto spartitorio tra i popolari e i rutelliani. Conoscendo la storia d’Italia è quanto di più credibile si sia mai ascoltato sulla vicenda. Ma siamo sempre su considerazioni alle intenzioni. I fatti li appurerà la magistratura.

Secondo le dichiarazioni, Lusi avrebbe trattenuto per sè 700 mila euro da prestare a parenti e a bisognosi. Non c’è atteggiamento più fastidioso del finto “benaltrismo”. Nella prima repubblica i personaggi della cattiva politica riscuotevano tangenti per i partiti e finanziavano il sistema. Onestamente, quelli che trattenevano soldi per conto proprio non erano poi molti. Oggi, la pratica è evoluta. Si trattengono a titolo personale soldi pubblici, salvo poi dichiarare che l’intento è di utilizzarli per il bene altrui. Così da “sperperatori” si diventa “benefattori”. La diagnosi? E’ la sindrome di “Robin Hood”, senza nobiltà d’animo. 100 mila euro sarebbero finiti nelle tasche del fratello di Lusi, Angelo, e 120 mila a suo nipote.

Il tesoriere Lusi era stato consigliato di investire bene i soldi dei rimborsi elettorali. Lo ha fatto comperando ville. Ora dichiara di volerle restituire perché si è dimesso dalla carica. Come si fa a restituire beni posti sotto sequestro? Con la sua dichiarazione è facile ipotizzare solo un fatto. Che le ville acquistate con i soldi della Margherita non sono a nome del Partito.

Quando Lusi descrive il suo ruolo di tesoriere, ecco cosa afferma di essere stato chiamato a fare: “di creare una serie di posizioni finanziarie e immobiliari di carattere fiduciario: a tal fine furono utilizzate le società Luigia Ltd e Ttt ed era sottinteso che, finita la liquidità del partito, questi impieghi sarebbero stati dismessi, liquidati a vantaggio e nell’interesse della Margherita”.

Tra i cardini della spartizione, Lusi Dichiara: “C’era un accordo, di cui io ero garante, per spartire i fondi: il 60% ai popolari e il 40% ai rutelliani. Non so che uso è stato fatto dei fondi, ma dal 2009 annotavo tutte le uscite perciò ritengo che Rutelli abbia preso più soldi”.

Ecco la chiosa, con colpo di scena. Lusi era stato incaricato di gestire bene i soldi, ma nessuno gli avrebbe detto di acquistare case. Avendo l’ex tesoriere una preferenza per il mattone, si è mosso in tal senso. A questo punto potrebbe essere plausibile che gli altri della Margherita non fossero al corrente. Lusi puntualizza che non è vero. Alcuni sapevano.

I soldi danno alla testa e il potere, se non gestito con distacco, è una droga maledetta. Bisogna esserne immunizzati.

I racconti sono da prima repubblica. Nessuno dei suddetti, tuttavia, ha il  coraggio e la levatura intellettuale di Bettino Craxi. Almeno lui, a suo tempo, ebbe il coraggio di ammettere che la malapolitica era il fondamento del sistema. Oggi, al contrario, giocano tutti a fare gli onesti, ma sono cresciuti e sono sopravvissuti a quel sistema. E’ in quel modello di politica e di amministrazione che hanno appreso gli strumenti del mestiere e che si sono formati politicamente e moralmente.

Eppure la soluzione sarebbe semplice. I soldi dei rimborsi elettorali sono dati ai partiti. Pertanto, quando un partito si scioglie politicamente, amministrativamente dovrebbe essere liquidato. Ciò che rimane del capitale dovrebbe essere rimesso nelle casse dello Stato. Ogni altra soluzione dovrebbe essere considerata illegale, non etica.

Se, altra ipotesi, due partiti decidono di fondersi, per cui uno dei due viene meno, i beni di quello che scompare dovrebbero confluire nelle casse del secondo. Non è necessario un genio per comprendere la semplicità di questo meccanismo.

Rimane un ulteriore aspetto che i giornali non trattano, ma non è secondario. Rutelli e i suoi sono confluiti nel PD. Se volessimo ricomporre il quadro, lo scenario sarebbe il seguente:

1) Lusi come tesoriere dovrebbe spiegare ai cittadini secondo quale logica ha gestito e amministrato fondi pubblici versati come rimborsi elettorali.

2) La Margherita dovrebbe spiegare la logica della spartizione. Sopratutto dovrebbe spiegare la logica della “destinazione finale”. Se è vero che esisteva un tesoriere, è altrettanto vero che qualcuno avrebbe dovuto avere il “compito” di controllo dell’operato del tesoriere stesso.

3) Il PD, partito verso cui sono confluiti alcuni “signori” della Margherita, dovrebbe spiegare come mai li ha accettati senza avere alcuna garanzia del loro essere “buoni amministratori” e del loro “saper rispettare il cittadino”. Quale imprenditore, seppur della politica, accetterebbe come socio, un altro imprenditore, seppur sempre della politica, che non è in grado nemmeno di gestire la fase liquidatoria del proprio partito?

Eppure siamo a cavallo! Tra la prima repubblica e una nazione in divenire. Della prima abbiamo i figli, che sono ghiande. E’ inutile sperare che generino melograni. Perché l’Italia diventi nazione è necessario cambiare tutta la classe dirigente e individuare “persone” con forma mentis “onesta”, o almeno con un po’ di buon senso.

Evviva, siamo a cavallo! Ma è un cavallo di Troia! Usiamo le querce per far legna e piantiamo melograni, se non vogliamo finire col mangiare ghiande e ridurre lo Stato a divertimento per circhi e fiere!


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