Dicevamo tempo fa che la Lega è impegnata su vari fronti: principalmente quello di rifarsi una faccia, dopo lo scandalo di Belsito e l'azzeramento di fatto, nell'organigramma del potere leghista, della famiglia Bossi.
Umberto resta sempre, almeno di facciata, il pater familias, perché comunque l'elettorato leghista lo ama ancora, ma a livello politico-dirigenziale Maroni si disfarebbe volentieri della sua ingombrante canottiera.
Perché Bossi sogna di ritornare in sella come segretario. Lo sogna ogni giorno.
Mentre Maroni, dall'altra parte, sta cercando di dare una immagine nuova alla Lega: più presenza "social" con un account twitter ufficiale ma anche decisamente tra i meno incisivi del panorama politico; lo slogan "prima il nord" che sostituisce tutte le declinazioni precedenti legate all'immaginaria "padania", secessione compresa, e appunto l'epurazione del cerchio magico bossiano.
E' quindi normale che la Lega abbia reagito subito all'ennesimo scandalo giudiziario della giunta Formigoni, questa volta con connotati inequivocabilmente 'ndranghetisti (vedi: mafia, quella cosa che al Nord non esiste), in modo rapido.
Chiedendo di andare subito ad elezioni?
Macché.
Chiedendo il rimpasto della giunta.
"Altrimenti ci arrabbiamo, eh."
Non si ricordava un ultimatum così duro dai tempi di Bondi, che minacciava le dimissioni da Ministro della Cultura ad ogni Consiglio dei Ministri, ma se ne usciva, poi, con qualche taglio tremontiano al suo Ministero.
Ma perché la Lega non chiede di andare al voto in Lombardia, sfiduciando un Formigoni che oramai non sopporta più?
Perché la Lega oramai è come un pesciolino
La Lega sa bene che se andasse al voto regionale ora, forse rischierebbe la peggiore batosta della sua storia. Ha bisogno di tempo. Ma l'indecenza della giunta Formigoni ha fatto scopa con gli scandali leghisti, aggiungendo onta a onta. Il tempo, dimissioni formigoniane o no, sta scadendo e la Lega non recupera terreno, anzi, con queste mosse continua a dare un'immagine che è lontana dalla Lega netta e perentoria che la fiera base leghista ricorda.
Ad aggiungere confusione, si è messo anche quel pater familias guerriero: "Votiamo insieme alle politiche", ciò vuol dire nel 2013, tra pochi mesi. Certo, un po' sfiatata, come dichiarazione di guerra al dilagante malaffare lombardo, da cui la Lega vorrebbe prendere le distanze. Sicuramente è meglio di niente, per la base che rimpiange il celodurismo (base che Bossi sa leggere alla perfezione), ma non è propriamente una dichiarazione buttata lì. Dalle parti di Maroni, infatti, sicuramente avranno maledetto questa intrusione che affretta tutto, ma alla fine l'hanno sposata nel consiglio federale come linea definitiva (ma con alcuni "se" e alcuni "ma", ovviamente, stiamo parlando sempre della nuova, pallida e pavida Lega): un Carroccio elettoralmente schiantato a terra sarebbe un perfetto trampolino di (ri)lancio per un ritorno di Bossi. Un Maroni che fallisce come segretario, sarebbe il migliore degli scenari, per Umberto.
Qualcosa del tipo "ora basta fare i politici stimati, reindossiamo il costume da vichingi". Quindi di nuovo Padania, di nuovo Secessione.
Insomma, per il pesciolino leghista, schiacciato tra questa stratificazione di strategie e un'acqua sempre più torbida, pare non esserci via d'uscita, al momento.
L'elettorato leghista ha bisogno di pancia, e cominciano a profilarsi altre sirene, o altri sirenetti natanti tra i flutti del Canale di Sicilia: Grillo sa bene che l'emorragia di voti leghista trova nel M5S la casa più prossima, al Nord, per questo non è particolarmente duro con i leghisti negli ultimi mesi e, anzi, si è spesso prodotto in strizzate d'cchio a temi molto cari all'elettorato verde: immigrazione e protesta fiscale, soprattutto.
Ma queste sono forse solo speculazioni.
Quello che è certo, è che per ora la Lega sta muovendo un sacco le piccole pinne, ma non sta facendo solo tanta schiuma, e poca strada.
Francesco Lanza | @bedrosian
Lega Nord, a fish trapped in a tank of glass
The Region of Lombardy is sinking in a black hole of unresponsibility and connivance. In all this, the Lega continues to get very distressed, but to produce little. It goes ina circle, like a
We said some time ago that the Lega is busy on several fronts: mainly remaking its face, after the Belsito scandal and the disappearance of the Bossi family in the Lega power organization chart.
Umberto is still, at least apparently, the pater familias, because the Lega voters still love him, but at a political level Maroni would gladly get rid of his bulky singlet. Because Bossi dreams of being a secretary again. He dreams of it every day.
While Maroni, on the other hand, is trying to give a new image to Lega: more social presence with an official Twitter account, but also one of the least relevant in the political scenario; the slogan "North first" that replaces all the previous declinations linked to the immaginary Padania, secession included, and of course the elimination of the Bossi magic circle.
So it's quite normal that the Lega reacted immediately to yet another judicial scandal of the Formigoni council, this time with undeniable 'ndrangheta characteristics, in a rapid way.
By asking to go immediately to vote?
Nah.
By asking the reshuffle of the junta.
"Or else we get mad."
We didn't remember such a harsh ultimatul since the times of Bondi, who threatened to resign from his role as Minister of Culture at every Minister Council, but he got out every time with some Tremontian cut to his Ministery.
But why is it that the Lega doesn't ask to go vote in Lombardy, impeaching Formigoni, whom it can no longer stand? Because the Lega is now like a
The Lega knows very well that, if they went to the regional vote now, they would risk the worst defeat of their history. They need time. But the indecency of the Formigoni junta has added to the Lega scandals, adding shame to shame. Time, whether Formigoni resigns or not, is running out and the Lega isn't catching up, but with these moves continues to give an image that is very far away from the imperative and net Lega that its proud voters remember.
Adding in the confusion, there's also the warrior pater familias: "We'll vote together at the political elections", which is in 2013, in just a few months. Of course, a bit old, as a declaration of war to the spreading Lombardy underworld, from which the Lega should actually take its distance.
Of course, it's better than nothing, for the base that regrets the "hardon"(base that Bossi can read perfectly), but it isn't just some declaration thrown in a pile. Maroni and company have surely cursed this intrusion that hastens everything, but in the end the adopted it in the federal council as a definitive line (but with some ifs abd buts, of course, we're still talking about the new, pale and timid Lega): a Carroccio electorally crashed on the ground would be a perfect springboard of re-launch for a return of Bossi. A Maroni who fails as a secretary would be, for Umberto, the best of scenarios.
Something like "now let's stop being esteemed politicians, let's get our Viking costumes out again". So again Padania, again Secession. So, for the Lega fish, crushed between this stratification of strategies and a water that is more and more muddy, there seems to be no exit way at the moment.
The Lega voters need emotions, and there are other Mermaids in sight, or mermen swimming among the waves of the Sicily Canal: Grillo knows well that the Lega vote hemmoragy finds its nearest home in the M5S, in the North, this is why it isn't particularly hard on Lega voters in the last few months, and, on the contrary, have winked to topics that are very dear to the green voters: immigration and fiscal protest, first of all.
But this is only speculation.
What is certain is that at least for now the Lega is moving its small fins quite a lot, but it's only making a lot of foam and little progress.
Francesco Lanza | @bedrosian