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Legge sulla diffamazione: tolte le manette, resta un potente bavaglio

Creato il 24 ottobre 2012 da Oblioilblog @oblioilblog

Legge sulla diffamazione: tolte le manette, resta un potente bavaglio

È iniziata oggi al Senato la discussione sulla cosiddetta legge salva-Sallusti che disciplina la diffamazione. Doverosamente abolito il carcere per i reati d’opinione, il resto della legge è un vero disastro, soprattutto per blog, piccole testate e tv locali.

È utile proporre un iniziale distinguo: non è considerata diffamazione solo l’insulto, la menzogna palese, il distorcimento della realtà a piacimento per ledere l’immagine di una persona, l’ormai famigerata macchina del fango. Ma, sulla base della legge, un soggetto può chiedere provvedimenti anche per una notizia vera da cui si senta offeso.

Innanzitutto, il presunto diffamatore, prima ancora della decisione del giudice, dovrà pubblicare, per volere dell’offeso, la rettifica nella sua interezza e senza commentarla. Pena un ordine d’urgenza di pubblicazione del giudice civile accompagnato da una sanzione da 15.000 a 25.000.

L’offeso inoltre, sempre prima della sentenza, potrà chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti da egli considerati diffamatori. E se il giornale fa resistenza, l’offeso può andare dal giudice e ottenere un ordine di rimozione insieme una multa da 5.000 a 100.000 euro.

La pubblicazione della rettifica (che, a mio avviso, accompagnata dalle scuse, è una pena già severa e appagante per l’offeso) non eviterà la causa, ma costituirà esclusivamente da attenuante sulla pena e sul risarcimento. I danni saranno commisurati alla gravità dell’offesa e alla diffusione dell’organo di informazione. 

Questo in via teorica. Perché se è scritto nel testo che la multa varierà da 5.000 a 100.000 euro, poche righe più sotto è precisato che il risarcimento non potrà mai essere inferiore a 30.000 euro.

Un’inezia per i diffamatori di professione che staccano con piacere l’assegno dopo aver danneggiato, impagabilmente, l’immagine del nemico di turno. Poca roba anche per i giornali più solidi. Un baratro per i giornali e le tv locali, senza contare i blog e il micro-blogging che dovranno andarci davvero con i piedi di piombo per evitare mazzate.

Sulla stessa linea di assurdità anche il comma che obbliga gli editori di libri a comprare pagine di due quotidiani a tiratura nazionale per far pubblicare la rettifica di qualcosa contenuto nel libro senza limiti di lunghezza.

È inserita l’interdizione obbligatoria, ma c’è scarsa differenza tra il diffamatore incallito (da 1 a 3 anni) e il giornalista che scivola una volta visto che può essere applicata come pena accessoria già al primo reato.

Un vero pastrocchio quello partorito dalla Commissione Giustizia del Senato. Una legge talmente malfatta che addirittura l’aula potrebbe aver un ultimo momento di lucidità e votare a sfavore oppure modificarla radicalmente.

 

Fonte: Corriere


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