Titolo 2001: Odissea nello Spazio
Autore Arthur C. Clarke
Titolo originale 2001: A Space Odyssey
Anno 1968
Editore SuperPocket (Edizione in volume contenente i quattro romanzi della serie)
Tipo Romanzo
Quando si parla di 2001: Odissea nello Spazio il pensiero va inevitabilmente al capolavoro cinematografico di Stanley Kubrick.
Il film però è solamente una delle due facce della medaglia: il progetto si compone anche di questo romanzo, che oltre ad essere l’opera più conosciuta di Arthur Clarke, è anche quella che gli è valsa la popolarità e la fama di grande autore di fantascienza; Clarke infatti, assieme ad Isaac Asimov e Robert Heinlein, è considerato uno dei “Big Three” di questo genere letterario.
Diversamente da ciò che accade solitamente, la sceneggiatura del film non è stata tratta dal romanzo, ma le due opere hanno avuto una genesi comune e sono state sviluppate parallelamente.
La leggenda narra che nel ’64 Kubrick abbia contattato Clarke, chiedendogli se aveva qualche storia su cui basare quello che sarebbe diventato il “proverbiale buon film di fantascienza“; fra i vari manoscritti, venne selezionato La Sentinella, un racconto breve in cui viene narrata la scoperta sul suolo lunare di un misterioso artefatto, piramidale e in cristallo, opera di qualche civiltà aliena.
Partendo da questa base, ed integrandola con spunti presi da altri racconti di Clarke (ad esempio Incontro all’alba, da cui sono tratta le scene iniziali con le scimmie antropomorfe), ha preso vita la storia che tutti conosciamo.
Libro e film nascono assieme e vengono sviluppati in parallelo, nonostante ciò ci sono alcune sostanziali differenze tra le due opere, dettate sia dal diverso mezzo utilizzato sia da altre particolari esigenze.
La differenza esteriore più evidente è che nella pellicola il viaggio della Discovery ha come destinazione Giove, mentre nel romanzo la meta finale è Giapeto, uno dei satelliti di Saturno; il gigante del sistema solare qui viene solamente utilizzato per ricevere una spinta gravitazionale.
Ma più che altro, la differenza si nota nel modo stesso in cui la storia viene presentata. Il film, come tutti sappiamo, è considerato molto enigmatico ed è noto per aver sollevato numerosi interrogativi lasciati volutamente aperti.
Il romanzo invece si prodiga in numerose ed esaurienti descrizioni tecniche e scientifiche, che permettono di comprendere meglio ciò che sta avvenendo e di poter mettere insieme i pezzi di questo puzzle cosmico.
Abbiamo una parte iniziale in cui gli avvenimenti dell’alba dell’uomo vengono mostrati attraverso il semplice pensiero del capo degli ominidi, che permette di rendersi conto di come l’arrivo del monolito abbia influenzato le loro intelligenze instradandoli attraverso un determinato sentiero evolutivo.
Viene poi spiegata la causa del “malfunzionamento” di HAL, che in questo modo perde sicuramente buona parte del suo lato inquietante ed affascinante rispetto alla pellicola, ma mostra con coerenza il legame con l’episodio della scoperta del monolito sulla Luna.
Ma la parte più chiarificatrice è senza dubbio quella finale, dove viene descritto il viaggio di Bowman attraverso la “porta delle stelle”, l’incontro con i creatori dei monoliti e la sua trasformazione in “bambino delle stelle”; la narrazione dettagliata del finale dà naturalmente la possibilità di comprendere meglio l’intera storia.
Le conoscenze scientifiche di Clarke si notano nei suoi romanzi: le descrizioni astronautiche ed astronomiche sono sempre precise e dettagliate e riflettono le conoscenze dell’epoca in cui fui scritto il libro. Ma oltre a questo, anche alcune sue personali speculazioni hanno avuto poi sorprendenti riscontri man mano che l’esplorazione del sistema solare rivelava nuovi dettagli sulla Luna e sui pianeti.
E’ da notare che l’allunaggio dell’Apollo 11 è avvenuto solamente un anno dopo l’uscita di questa opera; l’ambiente che Armostrong ed Aldrin hanno trovato sulla superficie lunare non presentava enormi differenze rispetto quello che, all’interno del romanzo, accoglie il Dr. Floyd al sua arrivo alla Base Clavius; allo stesso modo le sonde Voyager e Pioneer hanno confermato in buona parte quanto immaginato dei sistemi di satelliti di Giove e Saturno.
A tale proposito, c’è un particolare aneddoto legato alla descrizione di Giapeto, particolarissima luna bicolore di Saturno. Clarke, descrivendo la vista del satellite dall’interno della Discovery, aveva narrato di un piccolo puntolino nero all’interno della regione bianca, paragonandolo la visione ad un enorme occhio. Quando la sonda Voyager 2 trasmise a Terra le prime immagini ravvicinate di questo satellite, si scoprì che effettivamente all’interno dell’emisfero bianco era presente una regione più scura. Carl Sagan, che faceva parte del JPL ed era membro della squadra del programma Voyager, ebbe cura di inviare al suo amico Clarke una di queste foto con la nota “pensando a te…”.
Ci sono poi anche innumerevoli innovazioni tecniche che l’autore britannico ha immaginato anzitempo, come gli aeroplani spaziali e la stazione rotante, che possono essere considerati un pò come gli antesignani dello Shuttle e della I.S.S., oppure ancora del famigerato gabinetto a gravità zero o i dispositivi portatili che paiono iPad senza mela.
Il romanzo mi è piaciuto molto, sia per la storia raccontata, che nel romanzo è molto più articolata rispetto al film, sia per lo stile di scrittura di Clarke, che al rigore scientifico affianca intelligenza, ironia e diverse citazioni più o meno esplicite da altre opere di fantascienza o di letteratura in generale; in realtà queste cose si ritrovano maggiormente nei romanzi seguenti, dove Sir Arthur ha avuto modo di sviluppare le trame autonomamente e senza avere l’obiettivo cinematografico davanti a sè.
Si tratta di una lettura imprescindibile per chi abbia apprezzato il film, perchè ne rappresenta l’altro lato della medaglia; libro e film sono da considerare due parti di un’unica grande opera, che per essere compresa e apprezzata appieno necessita di entrambi i punti di vista.