Magazine Politica

Lo chiameremo Mario

Creato il 09 luglio 2012 da Malpaese @IlMalpaese

Lo chiameremo MarioIl Corriere di sabato scorso racconta la storia di un bimbo abbandonato nella ruota della Clinica Mangiagalli a Milano, inaugurata nel 2007, quando iniziavano a ripetersi i casi di cuccioli di uomo lasciati nella spazzatura come gattini o cuccioli di cane. Il primo caso da quel tempo, dicono e cronache che enfaticamente risaltano la cura e l’amore che il piccolo deve aver ricevuto dalla madre, che lo ha lasciato con tanto di biberon di latte materno, e qualche vestitino.

Un’enfasi nauseabonda, in uno scritto che racconta ma che non dice, come si usa fare in questo miserabile paese. C’è tutto, persino il costo della “Ruota tecnologica” (20.000 euro), il depliant che la pubblicizza, e i conti statistici dei bambini abbandonati negli ultimi anni alla Mangiagalli, in un crescendo che appena sfiora la narrazione della disperazione.

C’è una sorta di messaggio pubblicitario, rivolto alle madri innamorate del proprio figlio, e che proprio in virtù di quell’amore, cercano di donargli una speranza, una qualunque. Una sorta di altro messaggio rivolto a tutte: non abortite! Se vi capita di restare incinte, c’è sempre una ruota che potrà salvare il vostro bambino. E’ si cita anche il medioevo, con questa frase che a me provoca raccapriccio: “Così Milano ritorna ai tempi della Ruota degli esposti, di medievale memoria, ma oggi in riedizione supertecnologica.”

Non c’è la realtà, come sempre in questa stampa ormai schiava di sé stessa, che per vendersi deve stare attenta a non urtare le suscettibilità di chi è convinto, tutto sommato, di stare un pochino meglio del suo vicino di casa, di suo fratello o di quel signore che dorme tra i cartoni davanti al portone di casa sua.

Non c’è tutto il disprezzo che si dovrebbe sentire verso uno stato che plaude alla madre “responsabile” che è stata costretta a tradire il suo amore, a infliggersi un dolore che non sopirà mai, senza interrogarsi sulle carenze di uno stato sociale che di fatto non esiste più. Uno stato che avrebbe dovuto accogliere la madre con il figlio, e garantirle di poter essere madre. Di accompagnare il proprio figlio nel cammino della vita, di insegnarle ad essere un uomo.

Quel che nell’articolo non c’è è il carente stato di abbandono dello Stato, verso sé stesso. Verso tutti noi, illusi di essere vivi solo perché ancora riusciamo ad arrangiarci, tappando falle e creandone altre, sempre con l’intento di non affondare.

C’è poi quell’inchino alla Chiesa, che nessuno rifiuta mai. Quella silenziosa schiavitù che prova a renderci succubi, con quella chiosa finale: “Lo chiameremo Mario” e non in onore di Monti o Balotelli – per fortuna – e neppure di Draghi. In memoria di Santa Maria Goretti, che bambina ci morì.

DI RITA PANI

FONTE : http://www.mentecritica.net/lo-chiameremo-mario/cuore-di-tenebra/border-zone/rita-pani/27002/



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :