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Il ritorno all'onore delle cronache del Pm John Henry Woodkock, oltre ad aver rinverdito la fama del magistrato anglo napoletano come appassionato di inchieste a base di Vips, ha perlomeno ottenuto un risultato a suo modo storico: far convenire i quotidiani Il Fatto, Il Giornale e Libero, da sempre fieramente contrapposti, sulla assoluta inconsistenza dell'inchiesta su quella che è stata denominata la "P4" e incentrata sulla figura dell'ex giornalista e public relations man Luigi Bisignani.
Che nelle pagine riempite dal Pm più glamour dei nostri tempi non emerga nessun reato ma solo pettegolezzi e una rete di amicizie più o meno sorprendenti lo hanno ormai detto tutti. Perfino il super investigatore Gioacchino Genchi, quello che considera una loggia massonica anche l'associazione dei Boy Scouts, anche se con il suo modo pittoresco e definendo l'attività di pubbliche relazioni di Bisignani (quella che nei paesi anglosassoni viene chiamata lobbing ed è regolata dalla legge) un "network eversivo", che da quello che è uscito fuori non si ravvisano reati, anche se secondo lui Bisignani conosce certamente l'identità di "chiappe d'oro", ovvero del parlamentare frequentatore di trans nominato spesso durante le indagini sul ricatto operato contro l'ex Presidente della regione Lazio Piero Marrazzo.
Francamente di conoscere il nome di questo signore nulla m'importa. M'importerebbe invece sapere a che punto sono le indagini del caso, durante le quali sono avvenute un paio di omicidi e vedono accusati di vari reati alcuni appartenenti all'arma dei carabinieri.
Ma l'Italia è così: le indagini e le inchieste giudiziarie partono in tromba, per poi perdersi in percorsi carsici, e magari riapparire quando nessuno se lo aspetta più, oppure sfociare in qualche silenziosa archiviazione.
Quello che più salta all'occhio, da questa e dalle altre inchieste giudiziarie che hanno conquistato le prime pagine dei giornali nelle ultime settimane, come quella denominata "scommessopoli", è la passione che i nostri Pm sembrano mostrare per i cosiddetti reati associativi, quelli cioè commessi da associazioni di criminali, legati tra loro da un patto segreto di fratellanza.
Proprio per questo motivo si è già arrivati alla P4, partendo dalla famosa loggia massonica Propaganda 2 di Licio Gelli, che detto per inciso non aveva una natura eversiva, come stabilì la Corte d'Assise di Roma, attribuendo la natura di "associazione segreta" ad ogni gruppo di persone che per qualche ragione si frequenta con una certa assiduità.
La seconda è il metodo che i Pm usano in queste loro indagini. Il solito già chiamato in causa altre volte: prima si trova il colpevole, in questo caso Bisignani, e poi si cerca il reato commesso, attraverso l'intercettazione sistematica delle sue telefonate e di quelle di tutti quelli che sono con lui relazionate.
I risultati sono quasi sempre deludenti, perché la montagna di intercettazioni da spesso alla luce il classico topolino, ma fornisce in compenso tantissimo materiale per il funzionamento di quella che è stato definita la "macchina del fango", con il seguito di querele e controquerele tipico delle campagne di gossip.
Singolare che oggi sia il sito di gossip per eccellenza, quel Dagospia di solito destinatario di querele, ad essere attaccato, già da qualche tempo in verità, dalla stampa "seria" a difendersi querelando.
Un salto di qualità, quello del sito di Roberto D'Agostino, che lo ha trasformato in uno dei più autorevoli e informati organi d'informazione del paese, grazie alla rete di relazioni e di informatori
messa in piedi dal suo fondatore, che sembra dar fastidio a molti, troppi concorrenti.
Adesso aspettiamo con pazienza che l'indagine aperta dal Pm Woodkock compia il solito tragitto già compiuto dalle precedenti, "Vallettopoli" e quella su Vittorio Emanuele di Savoia, per esempio, e cioè quello dalla scrivania del magistrato a quello del cestino per la carta dell'ufficio di qualche procura romana, alla quale il Pm napoletano dovrà come sempre e per forza di cose trasmettere gli atti per competenza.
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