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Lolita, anima mia

Creato il 01 settembre 2013 da Davideciaccia @FailCaffe

Perché un professore colto e tanto incline alla ricerca di eleganza e poeticità dovrebbe invaghirsi a tal punto di una “ninfetta”, una piccola creatura demoniaca goffa e pericolosa? 

Lolita è provocatoria, un po’ volgare ed egoista. Non brilla per intelligenza, non seduce abilmente ed è a tratti irritante; eppure Humbert è follemente innamorato di lei dal preciso istante in cui l’ha vista. E l’amore che il professore quarantenne prova per Lolita non è sgraziato come le piroette che la ragazzina esegue maldestramente; il suo sentimento morboso fugge la volgarità, la carnalità del loro rapporto è delineata elegantemente e mai esplicitamente dal professore, voce narrante della storia.

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Le azioni dell’uomo sul corpo della piccola Dolores sono ripugnanti, ma non ci sono immagini dirette a descriverle, né oscenità o frasi indecenti: è dalla definizione minuziosa della psicologia del  personaggio, durante tutta la vicenda, che il lettore può percepire, sempre a debita distanza, la perversione. Alla luce del sole è invece l’intensità dei sentimenti, la profondità del dolore e l’angoscia della pazzia. Ho trovato la versione cinematografica di Kubrick da questo punto di vista piuttosto riduttiva: più concentrata a riportare la raffinatezza del romanzo, tralascia l’ irruenza e la tensione emotiva magistralmente trasposti invece nella versione del film del 1997 sotto la regia di Adrian Lyne.

 

Romanzo, film, canzoni, riferimenti e richiami a Lolita. Perché dunque un professore colto e tanto incline alla ricerca di eleganza e poeticità dovrebbe invaghirsi a tal punto di una “ninfetta”, una piccola creatura demoniaca goffa e pericolosa?

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La risposta va al di là della mera pedofilia e della perversione, che  Nabokov invece inserisce attraverso il personaggio di Quilty, il commediografo che sottrae Lolita al professore. Quilty incarna il vizio, desidera Lolita per capriccio, per togliersi lo sfizio di aggiungere ai suoi trofei un altro giovane fiore. Non ha nulla a che vedere con i sentimenti di Humbert, pronto a soffrire e a farsi soggiogare dalla vanagloria della ragazzina.

 

Per quanto socialmente sgradevole e abietto sia il rapporto tra il professore e la ninfetta, c’è un tocco di indulgenza da parte dell’autore, una sottile compassione, o almeno un’astensione dal giudizio, per l’uomo maturo che si affaccia all’amore di una bambina, ed è questo l’aspetto cruciale della storia. All’ interno del romanzo viene introdotta una parentesi  sulla vita passata del professore e sul suo primo amore Annabelle, stroncata in tenera età da una malattia. La  morte della ragazza  segnerà irrimediabilmente la vita di Humbert, rivolta a ricercare disperatamente il candore di un sentimento vergine e nuovo, imprevedibile e non costruito. L’uomo maturo innamorato di una bambina ha cristallizzato nel cuore un bacio primitivo che sbiadisce col tempo e non cerca altro che addentare i canini nel collo di una giovane preda per nutrirsi di quella giovinezza che sente scorrere via. Non è (solo) l’abuso di un corpo, è la ricerca di una mano liscia e paffuta che sfiori una pelle in via di decadimento; Lolita “anima mia” perché una giovane donna è la quintessenza della vita stessa.

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Per capire davvero la “terribile bellezza” che si cela dietro un rapporto di questa natura bisognerebbe avere un approccio scevro da qualsiasi pregiudizio etico e sociale, per quanto aberrante risulti l’idea di un’ unione così lontana dai nostri canoni (occidentali); solo così potremmo cogliere la tragicità di un uomo alla ricerca di linfa vitale.


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