Magazine Diario personale

"(Mai) incrociare i flussi!" Saggio breve dell'Homo Conexus

Da Intervistato @intervistato
"- Una cosa molto importante ho scordato di dirti...
- Quale?
- Mai incrociare i flussi!
- Perché?
- Sarebbe male."


Leggevo qualche tempo fa il post di Jacopo, e questa è stata la prima cosa che ho pensato:
@jacopopaoletti @intervistato riflettevo: convergenza si, ma di che cosa? I media sfumano, i contenuti fluiscono e convergono le esperienze?
— Claudio Branca (@KlaudeB) 23 gennaio 2013
La seconda è stata: inversione protonica totale. O in altre parole: un gran macello. E lo pensavo prima di tutto dal punto di vista dell'utente.
I sistemi culturali, e i paradigmi mentali che ci accompagnano nel nostro tentativo di costruire una rappresentazione del mondo che ci circonda, cambiano a una velocità e con una prepotenza tali che termini come "informazione" e "informarsi" cominciano a starci un po' stretti. Per non parlare della "società dell'informazione"...
"Un processo chiamato convergenza dei modi sta confondendo i confini tra media, persino tra la comunicazione punto a punto (come la posta, il telefono e il telegrafo) e la comunicazione di massa (come stampa radio e televisione). Un singolo mezzo fisico [...] può offrire servizi che in passato erano forniti separatamente. Al contrario, un servizio che in passato era fornito da un solo mezzo fisico, oggi può essere fornito attraverso diversi mezzi fisici. In questo modo la relazione uno a uno che una volta esisteva tra un mezzo e il suo uso si sta erodendo." Ithiel De Sola Pool, Technologies of Freedom: On Free Speech in an Electronic Age, Harward University Press, Cambridge, Mass., 1983, p. 23
Quando a suo tempo ho letto questa definizione (riportata in verità dal buon Henry Jenkins in Convergence culture), l'avevo trovata molto stimolante, ma più passa il tempo, più il tema mi impensierisce.
Sembra che le pratiche quotidiane di consumo si stiano avvitando in cicli di emersione e adozione sempre più rapidi e compressi - strette tra le culture a esse sottese e le tecnologie che le sostengono. Le ondate di innovazione sono sempre più forti, sempre più addossate l'una all'altra e spesso in forte contraddizione.
Riflettendo sullo stato dei media oggi sotto il profilo degli strumenti, dei servizi e delle esperienze di consumo, e partendo dal concetto di convergenza, mi vengono in mente almeno quattro coppie di forze in opposizione:
1. Convergenza VS Divergenza
2. Crossmedia VS Transmedia
3. Protagonismo degli Storyholder VS Azione e Intelligenza Collettive
4. Incredulità VS Bisogno di Ascoltare, di Sognare, di Credere
Provo ad abbozzare una riflessione attorno a ciascuna coppia:
1. Convergenza VS Divergenza
Convergenza e Divergenza sono le due forze che intrecciano e dipanano i fili delle nostre esperienze di consumo.
La Convergenza ci permette di tenere le fila di diverse esperienze concentrandole in un solo canale, strumento o servizio (come Internet, lo smartphone o Facebook). Ci aiuta a trovare un senso nella galassia delle nostre esperienze, tracciare delle costellazioni e usarle per tenere la rotta.
La Divergenza invece estende il respiro di un'esperienza specifica, aumentandone la portata. Pensiamo a Twitter: un conto era twittare "ai tempi del PC", quando l'accesso al social doveva passare attraverso una postazione, più o meno fissa, provvista di accesso a Internet, tutt'altra cosa è l'esperienza che Twitter ci offre oggi che possiamo accedere alla rete praticamente ovunque e in qualunque momento, grazie alla connettività mobile e ai tanti hotspot wi-fi, usando smartphone, tablet, netbook, notebook e PC (che è ancora vivo e lotta con noi).
Questo moto alternato di contrazione e distensione, inspirazione ed espirazione, è il battito vitale che anima le nostre esperienze.
2 Crossmedia VS Transmedia
Allo stesso modo la fonte a cui attingiamo contenuti, idee, informazioni, esperienze ha smesso di essere una sola già da un pezzo. Anzi, è sempre più consueto fruire contenuti all'interno di un flusso esperienziale che crossa diversi media, e talvolta arriva addirittura a trasformarsi profondamente ad ogni passaggio.
Ecco che attraverso flussi Crossmediali una stessa fonte di contenuti ci raggiunge attraverso più canali: guardiamo un pezzo di "Crozza nel paese delle meraviglie" in TV, poi andiamo a letto e seguiamo la diretta streaming dal tablet e il giorno dopo cerchiamo su YouTube l'imitazione di Montezemolo per rivederla con calma.
Beviamo l'acqua di una sola fonte attingendo a rivoli diversi.
Per il Transmedia si passa al livello successivo: la fonte è sempre una, ma non l'acqua che beviamo. Per ogni canale che attraversiamo il contenuto si evolve, interagendo con esso, adattandosi, proponendo un'esperienza diversa dello stesso contenuto e alterando l'esperienza globale di fruizione.
Basta guardare la campagna per il lancio del telefilm "The Hunted" per farsi un'idea della distanza che può esserci tra Crossmedia e Transmedia Storytelling.
Ma senza spingerci tanto in là, proviamo a immaginare come cambierebbe l'esperienza dello spettatore di "Crozza nel paese delle meraviglie" se fosse potenziato in ottica Transmediale. 


In TV va lo stesso show. Ma con un'app su tablet o smartphone l'utente potrebbe seguire in diretta (e cantare) il testo della parodia. Oppure durante la pubblicità accedere a contenuti speciali, anticipazioni degli sketch successivi, fuori onda, ... O ancora partecipare allo show, suggerendo versioni alternative per il testo delle parodie.
Se mi leggi e la cosa ti sconfinfera Maurizio, io sono qui: fammi uno squillo :P
3 Protagonismo degli Storyholder VS Azione/Intelligenza Collettiva
Il passaggio dalla declinazione dei contenuti sui diversi media (Crossmedia) alla trasformatività della loro fruizione attorno all'esperienza dall'utente (Transmedia) introduce la prossima coppia di forze: il rafforzamento del peso individuale degli Storyholder e l'affermazione delle pratiche di Azione/Intelligenza Collettiva.
Come e quanto il consumatore sia diventato il protagonista, non più asservito ma servito nell'esperienza di consumo dai brand è cosa nota a tutti (si pensi alla nozione di Servile Brand). Spenderò due parole invece sul suo ruolo dal punto di vista delle narrazioni di consumo, chiamandolo Storyholder.
Lo Storyholder è innanzitutto un detentore di storie. Ogni soggetto coinvolto nel processo di narrazione (che sia di brand, di prodotto, o altro) ne è un fruitore attivo: questo significa che nel maneggiare un racconto, nel riceverlo, interpretarlo e condividerlo con gli altri, ognuno di noi ha in pugno un frammento di narrazione, ed esercita un potere (più o meno grande) su di essa e sul suo autore originario.
Mettiamo in fila il potere di influenzamento individuale di ciascuno Storyholder, e abbiamo una crescita esponenziale di quantità, intensità ed efficacia dell'Azione e del Pensiero Collettivo. Contenuti e narrazioni, al di là dell'immissione in modalità broadcasting, si sono sempre diffusi di voce in voce, e di persona in persona, modificandosi, intensificandosi o diluendosi con ciascun passaggio.
Certo è che oggi, nei mercati conversazionali, questa attività di rielaborazione dei contenuti e delle narrazioni in esperienze è decisamente più intensa, più rapida e più incisiva. Quanto più cresce il nostro potere di Storyholder sui singoli frammenti di racconto che abbiamo per le mani, tanto più radicale ed esplosivo è il processo di rigenerazione delle narrazioni in circolo.
E le narrazioni si devono adeguare a questo processo di rigenerazione, andando incontro alle modalità di fruizione dei contenuti che gli utenti trovano più interessanti e con le quali dialogano in modo più produttivo (laddove queste modalità non possono più essere dettate). Un tentativo in questo senso è quello di Coca-Cola, che ripensa il proprio sito nell'ottica del brand journalism per produrre contenuti più coerenti con la dieta informativa quotidiana degli utenti sul Web.
Ma gli utenti se la berranno?
4. Incredulità VS Bisogno di Ascoltare, di Sognare, di Credere
L'ultima coppia di forze è quella che agli "addetti ai lavori" dovrebbe dare il mal di mare: l'Incredulità contrapposta al Bisogno di Ascoltare, di Sognare e di Credere degli Storyholder.
Con le dovute eccezioni ed entro certi limiti (che andrebbero sicuramente approfonditi) gli utenti/lettori/consumatori hanno innalzato sempre di più la loro soglia di Incredulità. Che sia per l'esperienza maturata nel tempo per gestire le enormi quantità di contenuti che li assediano, o per il senso di nausea ed assuefazione dovuta al bombardamento continuo, fatto sta che i pubblici nel tempo si sono evoluti, e che l'energia richiesta per superare la barriera del rifiuto è aumentata. Servono narrazioni molto più intense di una volta, e che sappiano far leva su corde più profonde per smuoverci.
La nausea che proviamo verso la massa di contenuti che ci viene riversata addosso continuamente si trasforma quindi in fame: un tremendo Bisogno di ascoltare, di sognare e di credere. E di far credere.
La forza della disillusione aumenta il potere di seduzione di una sospensione volontaria dell'incredulità, o in altre parole: "Non ci credo. Non c'è più niente a cui credere. Ma ci vorrei credere. Ti prego, dammi qualcosa in cui credere...".
Tutte queste attitudini contrastanti cercano radicamento in noi Storyholder. Le Conversazioni diventano la modalità di interazione preferita in ogni ambito e mercato. Assistiamo alla relazionalizazione delle tecnologie e dell'informazione, delle esperienze e dei prodotti, e al conseguente aumento dei contenuti scambiati sotto forma di frammenti di narrazione continuamente trasmessi, recepiti, ri-appropriati e ri-orientati. La rete di esperienze che viene a crearsi continua ad espandersi e a intensificarsi, rendendo forse la transmedialità una necessità più che una libera scelta. Ma con criterio e prudenza, perché non tutti i consumatori si possono evolvere alla stessa velocità.
In tutto ciò una costante: il bisogno di trovare coerenza e senso nella molteplicità, nell'intensità e nella fluidità dell'alternanza tra le forze contrapposte. E le narrazioni, ciò che raccontiamo a noi stessi e agli altri delle nostre esperienze, come filo rosso.
Posso sbagliarmi. Molto probabilmente ci sono altre dimensioni altrettanto rilevanti. Ma l'esperienza mi sembra essere lo snodo fondamentale. E la narrazione è il dispositivo che naturalmente usiamo per organizzarle, concepirle, condividerle.
Non voglio chiudere sullo Storytellling. Anzi, dallo Storytelling vorrei aprire.

Incrociamo i flussi!
Claudio Branca | @KlaudeB

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